Il farmaco è una risorsa sicura ed efficace che interagisce con gli equilibri biologici: usiamolo solo se necessario e in modo corretto.

Oggi parliamo di farmaci, per formazione accademica il mio argomento preferito. Non sono propensa ad assumerne con facilità: lo faccio solo quando strettamente necessario. Come, in base a criteri ed evidenze scientifiche, dovremmo fare tutti.

Qualcuno resta inspiegabilmente sorpreso di fronte al fatto che proprio una farmacista sia tanto restia nell’utilizzo di un prodotto che dovrebbe conoscere bene. Non sarà mica per mancanza di fiducia? No. Conoscendo le procedure che conducono all’approvazione dei farmaci ed alla loro immissione in commercio, posso dire che il farmaco è un bene sufficientemente tutelato. Un iter infinito, che mira a stressare da tutti i punti di vista i parametri di efficacia e di sicurezza della sostanza e che elimina dalla competizione tutte le candidate non adeguate.

Nei limiti imposti dalle attuali acquisizioni scientifiche, le medicine sul mercato sono efficaci e sicure. Ed è proprio in virtù della loro efficacia che l’assunzione dei farmaci deve essere valutata attentamente. Il significato della parola “efficacia” rimanda alla capacità di produrre un effetto, un risultato. Per essere efficace il farmaco deve alterare un equilibrio, intervenire in maniera diretta o indiretta nei fenomeni chimico-fisici che si verificano all’interno del nostro corpo.

Secondo la definizione dell’OMS un farmaco è una sostanza in grado di legarsi ad un bersaglio (il sito attivo) influenzando i processi fisiologici o patologici dell’organismo.

Ma limitare questo comportamento al compartimento biologico nel quale noi desideriamo che l’azione si realizzi non è sempre così semplice. La molecola interagisce con più di un sistema, anche dove noi non vorremmo lo facesse. Il trend moderno è quello di progettare farmaci intelligenti, che agiscono solamente laddove vogliamo l’effetto. Questo sarebbe particolarmente utile per gli antitumorali utilizzati nella chemioterapia. Si tratta di farmaci potenti (devono uccidere le cellule cancerose, lo ricordiamo!), che, per forza di cose, hanno ripercussioni anche sulle cellule sane. Si stanno sperimentando medicine realizzate con il supporto di nanoparticelle, strutture di dimensioni infinitesime, in grado di veicolare il principio attivo in maniera precisa, solo dove serve. Ma si tratta di un work-in-progress, di innovazione che non ha ancora raggiunto la pratica clinica diffusa.

Sulle confezioni dei farmaci leggo tanti ingredienti: sono tutti medicinali? No. Un medicinale è sempre venduto in formulazione. Il principio attivo è la molecola che si lega al bersaglio. Normalmente è uno, ma esistono farmaci che contengono associazioni di principi attivi.

Gli altri “ingredienti” sono gli eccipienti, sostanze aggiuntive che ne migliorano le performance, ne consentono la conservazione, ne aumentano la palatabilità (aromi che ne modificano il sapore), ne facilitano l’assunzione. Senza gli eccipienti il farmaco non avrebbe la possibilità di esprimere il suo potenziale terapeutico.

Cosa accade dopo che prendiamo un farmaco? Quando assumiamo una medicina, poniamo per bocca (ci occuperemo in altri post di ulteriori vie di somministrazione), questa normalmente viene digerita, scissa in parti più piccole per essere assorbita.

Il processo di assorbimento serve a rendere il farmaco effettivamente disponibile e avviene sostanzialmente nell’intestino, dotato di una struttura tubolare lunghissima. Al suo interno le molecole giunte dallo stomaco trovano una superficie di contatto incredibilmente ampia: circa 300-400 metri quadrati, praticamente un appartamento di notevoli dimensioni. Questa superficie è tappezzata di “villi”, cellule specializzate nel portare al proprio interno le sostanze contenute nell’intestino per farle uscire al lato opposto, collegato ai piccoli capillari di cui è ricca la mucosa intestinale.

A questo punto il nostro principio attivo è nel sangue, che lo veicola in tutto il corpo. A seconda delle caratteristiche molecolari, la distribuzione del composto è maggiore in alcuni distretti e minore in altri. E’ in seguito a questo step che esso esercita la sua azione farmacologica.

Attraverso la circolazione la medicina giunge anche negli organi che hanno il compito di detossificare l’organismo. Nel fegato la molecola subisce trasformazioni chimiche che la rendono più facilmente eliminabile dal corpo. In ultimo, sempre attraverso il sangue, passa ai reni. Filtrando il sangue essi trattengono solo le sostanze destinate ad essere riciclate ed espellono tutto ciò che è inutile o dannoso.  Così, attraverso le urine, avviene l’eliminazione.

Ripercorriamo l’avventura in modalità express?

Il farmaco viene scisso in componenti di piccole dimensioni (digestione) nella bocca e nello stomaco, attraverso i villi intestinali passa dall’apparato digerente al sangue, che lo distribuisce in tutto il corpo. Nel fegato acquisisce le caratteristiche che lo renderanno eliminabile una volta giunto ai reni.

E’ terminato il nostro viaggio all’inseguimento del farmaco. Ho volutamente semplificato e ridotto all’essenziale una serie di sofisticate reazioni biochimiche nelle quali anche le grandezze fisiche hanno ruoli ben precisi. Penso di avere già scritto in numerose occasioni di quanto io creda nella diffusione della scienza allo scopo di (ri)costruire una società migliore, più consapevole e nella quale la cultura scientifica può costituire un valido supporto, un elemento decisionale utile in politica come nelle piccole questioni personali.