Da avida spettatrice dei serie televisive, non mi sono lasciata sfuggire Fedeltà, diretta da Andrea Molaioli e Stefano Cipani e tratta dall’omonimo romanzo di Marco Missiroli.

Se ci fate caso, molti film recenti, ma anche un numero impressionante di serie intessono nella loro narrazione i temi del dolore e della sofferenza, legati ad una malattia fisica o ad uno stato mentale, anche se spesso diventa difficile separare  due ambiti.

Curiamo molte gravi malattie, ma rimaniamo vulnerabili

La malattia è vissuta sempre di più come una componente della vita, di cui faremmo volentieri a meno ma che non possiamo eliminare. Questo concetto è complicato da metabolizzare, anche alla luce delle recenti importanti conquiste ottenute dalla tecnologia negli ultimi anni.

Il progresso e gli entusiasmi che si trascina abituano a pensare di avere raggiunto una sostanziale immunità dai mali peggiori. Sì, è vero: abbiamo drasticamente migliorato i nostri standard di vita. Abbiamo reso curabili molte patologie, viviamo di più e meglio.

Ma continuiamo ad ammalarci, anche di disturbi seri e questa pandemia ci ha fatto percepire in tutto il suo dramma la nostra vulnerabilità.

Raccontare il dolore: con quali parole

Carlo, il protagonista di Fedeltà, scrittore e docente di scrittura creativa, esorta Sofia, una sua studentessa: “Il tuo dolore usalo per scrivere“.

“Non riesco a trovare le parole per raccontarlo. Dovrei inventarne di nuove…”, ribatte lei.

“Magnifico. Fallo, che aspetti?”.

Queste poche battute tratte dal loro dialogo descrivono la difficoltà di mettere nero su bianco un sentimento forte, dirompente come il dolore.

La comunicazione è un fenomeno dinamico

Nella mia attività di comunicazione nel mondo della Sanità, mi trovo spesso nella condizione di cercare le espressioni giuste per raccontare il dolore, sia esso fisico e causato direttamente da uno stato di malattia, che come conseguenza psicologica ad essa.

Trovarsi di fronte ad un macigno può scatenare una reazione di chiusura. Ma, un po’ controintuitivamente, è proprio in questi casi che occorre aprirsi verso l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione.
Non dobbiamo vedere la comunicazione come qualcosa di statico: percepiamone il dinamismo!

Come comunicare temi emotivamente complessi

Qual è quindi la soluzione?

  • In questi casi è utile attingere piene mani al vocabolario: la nostra lingua offre più alternative di quanto non si creda. Anche per chi, come me, si occupa di comunicazione scientifica e non può cedere al fascino di un’originalità troppo audace.
  • Si interveniamo sull’ordine della presentazione dei concetti al lettore, per veicolare il messaggio come nelle intenzioni.
  • Si utilizzano le immagini: possono dire più di un intero paragrafo. La  narrazione verbale rischia di essere poco espressiva e impacciata nei contesti in cui l’emotività reclama il suo ruolo.
  • Non meno importante il numero: riportare qualche dato significativo permette all’utente di formarsi velocemente un’idea precisa della situazione.

Anche e soprattutto in healthcare, spaziare in un ventaglio ampio di strumenti permette di raggiungere risultati di valore.

 

Vuoi saperne di più sulle soluzioni che puoi adottare per arricchire la tua comunicazione?

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