Mi capita spesso di collaborare con aziende nel settore biopharma per consulenze sulla comunicazione al pubblico attraverso i social media.

Spesso si tratta di grandi realtà della biofarmaceutica statunitense, che hanno un business importante anche nel nostro Paese e che pianificano una campagna social all’insegna dei valori del proprio brand.

Altre volte, invece, il cliente è un’impresa di dimensioni più contenute, dinamica e flessibile, che punta in alto. In Italia sono presenti numerose start up di grande valore attive nel biotech.

L’obiettivo della consulenza scientifica, in questi casi, è ottenere supporto specifico per fare conoscere la mission della società. Presentare il suo impegno nella formazione dei giovani.

E anche raccontare del sostegno alla ricerca e allo sviluppo di nuove molecole per trattare tumori finora incurabili e malattie rare.

La consulenza scientifica non è, dunque, un vincolo necessario, ma uno strumento per moltiplicare il valore. Un modo per lasciare libero spazio alla creatività nel rispetto della normativa

 

LA CONSULENZA SCIENTIFICA E LO SVILUPPO DEL BIOPHARMA

Il biopharma sta vivendo una fase storica di intenso sviluppo, legata al forte empowerment garantito dalle biotecnologie. Sono queste, vale la pena sottolinearlo, ad avere reso possibile l’ottenimento del vaccino anti COVID-19 in tempi così brevi.

Riguardo tutto ciò, le aspettative dei pazienti, ma, oserei dire, del pubblico più in generale, sono spaventosamente elevate.

Nella mente di tutti, esperti e meno esperti, i farmaci sono da sempre uno strumento di salvataggio. Pensiamo alla scoperta della penicillina, caratterizzata da Alexander Fleming nel 1928, che ha dato inizio all’epoca degli antibiotici.

Negli anni a seguire, la farmaceutica ci ha consentito di elevare i nostri standard, contribuendo indiscutibilmente a prolungare l’aspettativa di vita dell’uomo.

Certo, siamo stati anche spettatori del rinvigorimento dell’antiscienza, un fenomeno oggi particolarmente pericoloso.

Complessivamente, però, potremmo dire che la fiducia nell’industria farmaceutica è alle stelle.

 

ESPRIMERE LA PROPRIA STORIA: IL CORPORATE STORYTELLING

Questo sentimento positivo, che accompagna l’attuale Rinascimento scientifico e tecnologico alimentato dalla rivoluzione digitale, deve essere comunicato. Mentre ne è chiaro il senso, la realtà del biopharma è ancora poco conosciuta, spesso anche presso gli addetti ai lavori.

Ma si tratta di un punto strategico, attorno al quale, intervenendo sulle giuste leve, è possibile offrire trasparenza ed autenticità, due dei valori che il pubblico si aspetta dai produttori di farmaci e vaccini.

Stabilire il registro della comunicazione, scegliere il linguaggio, individuare il giusto tono di voce con i quali presentare la propria storia al pubblico richiede impegno. E il supporto di un professionista che metta a disposizione le proprie competenze.

Predisporre una campagna di comunicazione attraverso i canali social non è solo uno dei tanti modi che le aziende biopharma hanno a disposizione per allestire una vetrina sulla loro attività. È anche un sistema potenzialmente molto efficace per posizionarsi alla giusta frequenza nel panorama globale del settore.

 

COMUNICAZIONE SOCIAL AZIENDALE: SELEZIONARE IL TARGET

Un punto fondamentale, sul quale generalmente si investe tempo, è rappresentato dal pubblico.

A quale pubblico volete parlare? È una delle prime domande che il consulente formula al cliente. A seconda del target, naturalmente, viene fissato un numero variabile di obiettivi da raggiungere.

Parlare ai pazienti significa raccontare l’impegno dell’azienda nello sviluppo di soluzioni biofarmaceutiche capaci di incontrare gli unmet needs.

Il corporate storytelling ha enormi potenzialità nel valorizzare la ricerca. Gli investimenti profusi, in termini di denaro, ma anche di tempo ed energie nell’individuazione di composti efficaci e sicuri. E la passione con cui i ricercatori si dedicano al proprio lavoro.

Viceversa, rivolgersi ai medici e agli infermieri, richiede la formulazione di contenuti che abbiano come protagonista l’informazione scientifica. Che contribuiscano a formare professionisti preparati in grado di prescrivere e somministrare farmaci con adeguata appropriatezza.

 

PARLARE AI FARMACISTI

Quando gli interlocutori sono i farmacisti, invece, per la comunicazione è opportuno puntare sulla loro posizione rispetto al pubblico.

Il farmacista ha un legame molto stretto con la clientela, spesso per questioni territoriali. E a volte anche perché, come accade in particolare nelle comunità rurali, la farmacia viene spesso tramandata di generazione in generazione.

Mi capita spesso di dialogare con i farmacisti, di intervistarli per una delle riviste per le quali scrivo o raccontare le loro esperienze più significative. Sarà perché io stessa sono farmacista, riesco a sentire la loro vicinanza al pubblico.

I farmacisti hanno bisogno di contenuti fruibili che diano loro la possibilità di offrire un counseling efficace e mirato sulle esigenze dell’utente. Di educare i clienti in termini di prevenzione e diagnosi precoce. Di stili di vita virtuosi e aderenza terapeutica.

La storia è una, ma i modi per raccontarla sono tanti. Tutti potenzialmente efficaci.