La pandemia COVID-19 ha cambiato le nostre vite, ma la vita di alcuni pazienti è cambiata in maniera significativa. La necessità di orientare tutti gli sforzi sanitari nella gestione dell’emergenza ha inevitabilmente sottratto risorse ai malati cronici.

Persone che sono state penalizzate non solo dal punto di vista dell’accesso alle cure. Ma anche dalla mancanza di informazione. E dalla concentrazione di ogni iniziativa di comunicazione sui temi inerenti la diffusione del SARS-CoV-2.

La saturazione delle strutture sanitarie ha impedito ai pazienti anche l’esecuzione dei regolari controlli, oggi ripristinati ma con liste d’attesa lunghe a causa dell’implementazione delle procedure per la protezione dal contagio. Nel frattempo, la telemedicina ha garantito solo in parte i servizi di cura di cui i malati cronici avevano bisogno.

Con il miglioramento della situazione su questo fronte, è necessario occuparsi dei pazienti lasciati indietro.

 

DOLORE CRONICO BENIGNO: L’IMPATTO SOCIALE

Il dolore cronico benigno è definito come un dolore che si protrae per oltre tre mesi consecutivi. Con ripercussioni notevoli sulla qualità di vita e le relazioni personali dei pazienti.

Fra le patologie che sono alla base del dolore cronico le malattie reumatiche. In particolare, l’artrite reumatoide, il lupus, la sclerosi sistemica, l’osteoporosi e le vasculiti. Ne soffrono 5 milioni di italiani, bambini compresi.

A livello europeo, il dolore cronico benigno è la causa di quasi il 50% di tutte le assenze dal lavoro e del 60% dell’incapacità lavorativa permanente (dati SIP, Societal Impact of Pain 2019). Con costi sanitari diretti e indiretti variabili tra il 2% e il 3% del PIL.

 

LE INSIDIE DEL DOLORE CRONICO

Il dolore cronico è una manifestazione insidiosa per diverse ragioni. Riconosce sempre una causa, ma talvolta, con il trascorrere del tempo, evolve in maniera indipendente rispetto ad essa.

Le connessioni neuronali possono modificarsi in risposta agli stimoli a cui il sistema nervoso viene esposto. Questo tipo di plasticità sinaptica è definito plasticità maladattativa.

Paradossalmente, il dolore può permanere malgrado la causa che l’ha generato sia stata rimossa. E anche diventare progressivamente meno responsivo ai farmaci, perché le vie su cui viaggia sono diventate più sensibili.

Un aspetto che può complicare la terapia, perché costringe a cambiare di frequente farmaci o a modificarne la dose, imponendo al paziente e al medico la ricerca di un nuovo equilibrio.

Per prevenire la plasticità maladattativa, il trattamento del dolore cronico deve essere assunto dal paziente anche quando il sintomo si è fatto più lieve. E non, come erroneamente si crede, solo quando diventa insopportabile. Questo aspetto è stato ribadito dai reumatologi, che hanno invitato i pazienti a non interrompere la terapia, anche in presenza di sintomi sospetti o diagnosi conclamata di COVID-19.

Perché il sintomo sia controllato in maniera soddisfacente, occorre che i farmaci siano presi sempre sotto stretto controllo medico e che l’aderenza alla terapia sia elevata.

In alcuni casi la causa del dolore non può essere risolta e in altri la situazione lascerebbe intuire che sia stata risolta ma di fatto non è così. Il dolore può cronicizzarsi, dunque, anche perché la patologia alla base non è stata curata in maniera appropriata.

 

GLI ASPETTI PSICOLOGICI DEL DOLORE CRONICO

Come facilmente prevedibile, il dolore reumatico non genera solo ripercussioni fisiche. Esso è anche la causa di conflitti familiari, di interruzione di rapporti personali e sociali.

Poiché aumenta il rischio di sviluppare disturbi psicologici quali l’ansia e la depressione, richiede un sostegno psicologico, che deve offerto da un professionista che interagisce sinergicamente con il terapista del dolore.

“Il dolore coinvolge l’intera persona con ripercussioni non solo sulla salute, ma anche sulla vita di relazione, lavorativa e sociale

spiega il professor Stefano Coaccioli, Presidente dell’Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (AISD), che prosegue:

“Per questi motivi, l’intervento psicologico diventa fondamentale per aiutare il paziente ad accettare la propria condizione e a gestire i rapporti con gli altri

Si applicano con discreto successo tecniche cognitivo-comportamentali per aiutare la persona a convivere con il sintomo. La realtà dei pazienti mostra che quando viene a mancare questo supporto, l’efficacia delle terapie farmacologiche può esserne penalizzata.

In questo quadro, assume importanza decisiva l’alleanza tra il medico, il paziente e la sua famiglia.

Come sottolineato dal professor Antonino Mazzone, specialista in Medicina Interna, Ematologia e Immunologia dell’Ospedale di Legnano

 “Le competenze auspicate a riguardo, non solo cliniche ma anche psicologiche, dovrebbero enfatizzare l’aspetto umano della cura e del prendersi cura, rispondendo ad un reale bisogno del paziente, da adattare a plurimi contesti: ospedale, territorio, domicilio”

Stress psicologico e dolore vanno affrontati insieme perché condividono alcuni degli aspetti psicologici, biochimici ed ormonali.

 

PATIENT ENGAGEMENT: IL PAZIENTE PROTAGONISTA DELLA SUA STORIA CLINICA

Gli specialisti del dolore utilizzano un modello riconosciuto a livello internazionale per capire quanto il paziente sia realmente e direttamente coinvolto nella sua storia clinica, il Patient Health Engagement Model.

La pandemia COVID-19 ha messo a dura prova il patient engagement, avendo sottratto attenzioni e cure ai 5 milioni di pazienti affetti da dolore reumatico.

Persone che hanno necessità di sostegno e di informazione per la gestione quotidiana della malattia. E per le quali Alfasigma, azienda leader con forte specializzazione nelle aree di ortopedia e traumatologia, ha avviato Alfasigma News&service: l’informazione verificata ai tempi del Coronavirus.

Un’iniziativa portata avanti con un pool di esperti, mirata a supportare i pazienti e i loro famigliari, a farli sentire meno soli. Un progetto che vuole condividere notizie utili e certificate riguardanti tutti i temi su cui la comunicazione nell’ultimo periodo ha perso completezza.