In uno degli ultimi video che ho realizzato per la mia rubrica Siamo tutti pazienti su Instagram ho parlato di come una tranquilla serata davanti alla tv mi abbia fatta inaspettatamente riflettere su come sia cambiata la comunicazione medico-paziente negli ultimi decenni. Anche e soprattutto nei suoi aspetti più critici.

La comunicazione medico-paziente al cinema

Gli appassionati di cinema conosceranno certamente il capolavoro di Richard Brooks La gatta sul tetto che scotta, trasposizione cinematografica dell’omonima opera di Tennesee Williams.

Cosa c’entra il cinema con l’interazione medico-paziente? C’entra parecchio, perché il cinema è pieno di riferimenti agli aspetti umani della medicina, al vissuto dei pazienti e alle esperienze dei clinici, sempre rivestite di grande fascino all’occhio del pubblico.

Il protagonista della storia è Brick Pollitt (interpretato da Paul Newman), che, sposato con Maggie (Elizabeth Taylor), deve affrontare il dramma della depressione e dell’alcolismo e la malattia terminale di suo padre.

Chi sa cosa

Della malattia è a conoscenza il figlio (Brick, appunto), sua moglie Maggie, suo fratello e sua cognata. Lo sa per certo anche il medico che ha formulato la diagnosi.

L’unico a non saperne nulla è il paziente.

Il paziente ha un cancro incurabile (qualcosa di più che inguaribile), ma viene tenuto all’oscuro di tutto per non compromettere la vaga serenità dei suoi ultimi giorni/settimane di vita.

Cosa è cambiato nella comunicazione medico-paziente

Oggi, probabilmente, una cosa del genere non potrebbe verificarsi, se non in casi molto particolari.

Questo ci dà l’idea di come sia cambiata la concezione della cura, che prima passava con grande naturalezza al di sopra del paziente, scavalcandolo, e che invece oggi si fonda sulla partecipazione attiva del paziente, elemento centrale nel processo.

E ci dà anche l’idea della responsabilità che ha investito il paziente, che ci investe tutti quando dobbiamo sottoporci ad esami o a una terapia per un disturbo. Anche da noi dipenderà il successo della procedura o del farmaco, anche da noi dipenderanno le sorti del servizio sanitario che ce li ha offerti.

Cosa è giusto comunicare ai pazienti

Non esiste una risposta adatta a tutti, un metodo giusto, assoluto in grado di veicolare il messaggio contenuto in una diagnosi infausta. Dipende dalla sensibilità del medico, ma anche quella del paziente.

Molte persone, che hanno magari visto parenti stretti e amati soffrire per una malattia senza scampo, mi hanno scritto dicendomi di comprendere la scelta di tenere i malati all’oscuro di tutto. Specialmente se si tratta di persone molto anziane.

Un parere che condivido.

Tuttavia, in generale, il paziente è oggi sempre più protagonista del proprio percorso di cura, informato e consapevole. E, in un’ottica di sostenibilità, la sua partecipazione come vero e proprio stakeholder in Sanità diventa l’aspetto centrale attorno al quale ruotano prevenzione, diagnosi e terapia.

 

(Photo credits: Prime Video)