malattie respiratorie croniche

Malattie respiratorie croniche: ripensare la cura

Le stime raccontano di  numeri impressionanti. Nel 2028, il numero di malati cronici con almeno una patologia salirà a 25 milioni, mentre le persone con multi-cronicità saranno 14 milioni.

Non dobbiamo, infatti trascurare un aspetto particolarmente importante: le malattie respiratorie croniche trascinano appresso le cronicità cardiovascolari, complicando una situazione già affatto semplice.

I numeri sono destinati a crescere per diverse ragioni:

  • prima fra tutte la configurazione demografica e anagrafica del nostro Paese
  • in secondo luogo, a causa della progressiva emersione dei tanti casi non diagnosticati che vengono rilevati grazie al miglioramento della diagnostica
  • in ultimo, a causa della sospensione (più o meno importante) dell’assistenza generata dalla pandemia.

Le malattie respiratorie croniche e la spesa sanitaria

Le questioni che le multi-cronicità portano al centro dell’attenzione riguardano la qualità di vita dei pazienti e la loro stessa possibilità di sopravvivenza. Ma anche i costi legati alla loro gestione, che per malattie respiratorie croniche come l’asma e la BPCO sono notevoli.

In generale, gli studi di health economics mostrano piuttosto chiaramente che la spesa complessiva associata alla multi-cronicità è superiore alla somma dei costi legati alle singole malattie. Un principio che, come sottolinea Claudio Cricelli (Presidente SIMMG) ha modificato i paradigmi di studio degli investimenti in Sanità.

Un altro punto messo in luce è quello della sostanziale staticità della spesa farmaceutica. E’ stato osservato che ad impattare di più sull’aumento della spesa sono fattori quali la bassa aderenza terapeutica e il ritardo nella diagnosi. Nella maggior parte dei casi, soprattutto nella BPCO, il paziente si rivolge al medico quando la malattia ha già prodotto danni irreversibili.

I costi potrebbero essere ottimizzati, propone Luca Richeldi (Presidente della Società Italiana di Pneumologia) anche con una parziale riallocazione della spesa, sottraendo risorse alle iniziative di follow-up delle fasi in cui le condizioni del paziente sono sostanzialmente stabili per reinvestirle nel trattamento delle riacutizzazioni, quando il bisogno di cure è massimo.

Inoltre, come suggerisce l’onorevole Beatrice Lorenzin, occorre anticipare la diagnosi favorendo un sempre maggiore ingaggio del medico di famiglia, che deve essere formato per avere competenze specifiche sulle cronicità. E’ necessario anche utilizzare i dati che provengono dalla ricerca e dal territorio (ovvero, ancora, dai medici di famiglia).

E per riuscire in questo, naturalmente, il passaggio obbligato è la digitalizzazione.

Il nodo cruciale della digitalizzazione

Se gli strumenti tecnologici necessari alla gestione dei pazienti sembrano essere disponibili, è anche vero che la stessa popolazione di medici di medicina generale ha un’età media alta.

Angelo Testa, Presidente SNAMI, evidenzia come la pandemia abbia impresso un’accelerazione alla digital health, ma anche come i professionisti abbiano difficoltà ad accedervi. Un altro aspetto che rimarca l’importanza di una formazione migliore per i medici di famiglia.

Senza dimenticare che fra i limiti all’accesso agli strumenti digitali c’è anche la disuniformità della connessione web sul territorio.

Le malattie respiratorie croniche come fattori di aggravamento della COVID-19

Claudio Cricelli cita uno studio, tuttora in atto, finalizzato alla valutazione del ruolo delle malattie respiratorie croniche, in particolare BPCO e asma, come fattori precipitanti della COVID-19 in termini di numero di ricoveri, severità dell’infezione e decessi.

I dati finora raccolti ed esaminati dimostrano che la concomitanza di questi due disturbi produce sicuramente un effetto negativo su tutti e tre i parametri. La BPCO rappresenta il fattore più rilevante in questo peggioramento. Una delle spiegazioni potrebbe avere a che fare con le correlazioni cardio-vascolari: la BPCO è spesso associata (nel 25% dei casi circa) a scompenso cardiaco congestizio e fibrillazione atriale.

Per queste ragioni, la presa in carico delle malattie respiratorie croniche deve essere effettuata con maggiore appropriatezza terapeutica, anche alla luce della pandemia in atto.

L’assistenza domiciliare

Per fare in modo che i costi della Sanità diventino più sostenibili, occorre perseguire un mantra fondamentale: la casa deve diventare il primo luogo di cura.

Stefano Lorusso, capo della Segreteria Tecnica del Ministero della Salute, precisa che uno degli obiettivi, su questo fronte, è quello di portare l’assistenza domiciliare integrata agli over 65 al 10% in tutte le Regioni. In questo sforzo, che richiede un investimento oneroso anche dal punto di vista economico, i modelli a cui guardare sono quelli di Germania e Svezia, i Paesi europei che stanno lavorando meglio in questo.

Il coordinamento dell’assistenza sul territorio

La Sanità territoriale non verrà potenziata solo con un investimento in infrastrutture, ma anche migliorando i servizi, in un’ottica di aumento della sostenibilità della spesa.

Perché il sistema si regga, è necessario un coordinamento fra i vari livelli dell’assistenza. Come? Uno degli strumenti è rappresentato dagli ospedali di comunità, strutture intermedie fra i servizi territoriali e l’ospedale.

Altre modalità passano attraverso la telemedicina, modifiche importanti al progetto del Fascicolo Sanitario Elettronico ed il supporto alle Regioni nella stratificazione della popolazione.

Sappiamo, lo ribadisce l’onorevole Lorenzin, che il Piano Nazionale Cronicità è stato attuato in maniera molto parziale in tante Regioni. Questo è un punto su cui intervenire.

Inoltre, occorre definire in maniera concordata con le Regioni l’assistenza a livello territoriale ed il ruolo destinato alla medicina generale. Individuare i parametri misurabili per la valutazione nel tempo e l’inserimento di queste iniziative nel PNRR. Da questo punto di vista, sappiamo quanto siano le riforme ad essere abilitanti per gli investimenti (e non il viceversa).

Il SSN deve agire come un corpo unico

Il dualismo fra la medicina generale e la medicina specialistica ha perso il suo significato, se mai ne ha avuto uno.

Il servizio sanitario deve agire come un corpo unico

Luca Richeldi

La regionalizzazione è un problema per la gestione di molte patologie: è necessario unire, non compartimentalizzare. Per la cura delle cronicità abbiamo bisogno di una visione unitaria anche se sfaccettata, di un approccio sempre più multidisciplinare.

In questo senso, le malattie respiratorie croniche rappresentano un paradigma di come sia necessario utilizzare le strutture ospedaliere per la gestione dei casi complessi e acuti e medicina territoriale e telemedicina per le fasi di stabilità.

Mettere al centro le persone

Per capire su quali punti investire non si può dimenticare il punto di vista dell’utente, di colui che fruirà dei servizi che verranno auspicabilmente implementati.

Ecco perché l’intervento di Antonio Gaudioso appare perfettamente centrato sul focus. Mettiamo al centro le esigenze delle persone, e capiremo in quale direzione andare.
Le richieste più urgenti dei cittadini dal punto di vista della gestione delle cronicità sono:

  • miglioramento delle infrastrutture: le cure ospedaliere devono essere integrate con quelle territoriali
  • semplificazione: la burocrazia penalizza l’accesso all’assistenza e la qualità di vita
  • delocalizzazione: le cure territoriali e domiciliari devono essere potenziate.