Il diabete è una malattia cronica metabolica. Secondo l’ISTAT dal 2000 a 2009 le persone affette da diabete di tipo 2 sono aumentate del 60%. Un dato allarmante: malgrado sia nota la componente genetica della malattia, la comunità scientifica non si stanca di sottolineare l’importanza dello stile di vita per rallentarne l’insorgenza e ridurne la gravità.

Con l’arrivo della pandemia COVID-19, l’allarme si è intensificato. Soprattutto a causa del fatto che i pazienti diabetici sono soggetti a maggiore rischio di infezione in forma grave.

Zucchero amaro: perché una campagna di awareness sul diabete?

Perché contribuisca allo sviluppo culturale, alla formazione dei pazienti e dei cittadini in generale. Perché promuova le ricerche sociali e permetta ai professionisti coinvolti di comprendere come la popolazione percepisce la malattia. E perché indichi quali misure mette in atto per trasmettere messaggi di tipo medico utili e corretti.

“Siamo in presenza di una pandemia da agente comunicabile, la COVID-19, che interagisce con un’altra emergenza non comunicabile, che è il diabete“, spiega Davide Lauro, Direttore U.O.C. Endocrinologia e Diabetologia della Fondazione Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma.

I dati raccolti finora e ampiamente dibattuti indicano molto chiaramente che i malati di diabete possono andare incontro a complicanze anche gravi, delle quali devono essere informati correttamente.

È dunque fondamentale che le campagne di awareness coinvolgano i medici e i professionisti della comunicazione.

Aumentare la consapevolezza serve anche a far emergere nuovi casi che altrimenti non verrebbero accertati. Il diabete di tipo 2, infatti, è una patologia largamente sottodiagnosticata.

 

La pandemia ha cambiato lo storytelling del diabete

I pazienti parlano di diabete? Quanto e come ne parlano?

La campagna Zucchero Amaro di Novo Nordisk nasce anche dall’ascolto delle conversazioni web fra gli utenti, per la maggior parte pazienti o caregiver.

Ascoltare i pazienti permette di capire come intervenire, perché fornisce informazioni sulla loro sensibilità, sulle loro difficoltà nella gestione della malattia.

Mariella Piccinni, senior associate di Heritage House, racconta i principali highlights emersi dall’ascolto di queste conversazioni: “Abbiamo osservato che prima della pandemia si registrava una bassa frequenza di scambi sul diabete di tipo 2. Questa raggiungeva un picco durante la Giornata Mondiale del Diabete, per poi tornare alla normalità subito dopo e per il resto dell’anno. A marzo del 2020, l’effetto dirompente dell’emergenza ha determinato un’evoluzione delle conversazioni intorno al tema diabete, diventato dominante fra i pazienti su internet“.

 

Diabete: la percezione del rischio

Con la prima, travolgente ondata pandemica, i pazienti sono stati investiti da uno stato d’animo di paura e incertezza, da un disorientamento amplificato rispetto a quello della popolazione normale. Hanno iniziato a percepire il rischio in tutta la sua forza.

“Sappiamo che una glicemia moderatamente elevata, anche se non dà segno di sé lavora in silenzio a danno di tutti gli organi, generando lesioni potenzialmente gravi e irreversibili”, sottolinea Cristina Bianchi, U.O. Malattie metaboliche e Diabetologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Che prosegue: “Il diabete non dà segno di sé fino a quando è troppo tardi”.

Questa è una delle ragioni per cui una diagnosi tempestiva ed un’elevata aderenza alla terapia possono fare la differenza.  Ma è difficile realizzare entrambe se la malattia non produce segni visibili.

Paradossalmente, solo un rischio maggiore (e di tipo diverso) ha fatto sì che le persone con diabete di tipo 2 prendessero reale coscienza di soffrire di questa malattia. È intervenuto un fattore che ha messo in crisi la loro routine.

Giuseppe Riva, Direttore del laboratorio di Tecnologia applicata alla Psicologia dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano e docente presso l’Università Cattolica di Milano, puntualizza questo fenomeno. In pazienti si sono posti, impauriti, domande pratiche: “Cosa succede se non posso più fare attività fisica? E se non posso accedere alle terapie che mi servono?”.

I dubbi, le incertezze li hanno spinti alla ricerca di informazioni online. Dunque, produrre informazione web di qualità, verificata, con il supporto di professionisti qualificati è uno degli strumenti più importanti per prevenire i rischi per la salute dovuti alle fake news.

 

Capire come curarsi

Nell’ultimo anno l’attenzione del sistema sanitario si è inevitabilmente spostata verso la COVID-19 e i pazienti hanno sperimentato una scopertura di grado variabile dall’assistenza, sia presso il diabetologo che presso il medico di medicina generale.

Con i medici di riferimento impegnati a gestire un’emergenza di proporzioni inimmaginabili, le persone con diabete hanno fatto con frequenza più elevata che in passato ricorso all’autocura e ai rimedi naturali nel tentativo di prevenire l’infezione da SARS-CoV-2 o di trattare le complicanze del diabete stesso. Questo ha accresciuto enormemente i rischi per la salute.

Nel corso della pandemia l’informazione ha dato rilievo a diverse soluzioni presentate come efficaci, ma in assenza di evidenze scientifiche. È successo con la vitamina C, la vitamina D, l’idrossiclorochina, gli anticorpi monoclonali ma anche con integratori di vario tipo.

Lo ricorda Antonio Gaudioso, Segretario Generale di Cittadinanzattiva, che precisa: “Abbiamo deciso di sostenere l’iniziativa Zucchero Amaro per contribuire a fornire ai cittadini strumenti efficaci e verificati per aumentare la loro consapevolezza sulla malattia e comprendere come devono curarsi e prevenire i rischi”.

 

Il senso di colpa fa male

La corretta informazione è uno dei pilastri della terapia

Andrea Giaccari, Responsabile del Centro per le Malattie Endocrine e Metaboliche del Policlinico Gemelli di Roma, ricorda quanto sia fondamentale per il successo della terapia l’accesso non solo alle cure farmacologiche ma anche ad un’informazione di qualità. Vivere il diabete con il senso di colpa non aiuta la cura, anzi, può penalizzarla.

È importante che il paziente sappia che non è colpa sua se ha il diabete e che acquisisca invece gli strumenti realmente utili alla corretta gestione della malattia. Questo aspetto migliora la qualità di vita e anche la sua durata.

 

Quando allarmarsi?

Generalmente, ci si accorge del diabete quando è già conclamato oppure in seguito a controlli casuali.

Ma si può fare qualcosa per anticipare questo momento nel caso in cui si soffra di questa malattia?

Sì. Esistono questionari che permettono di identificare la presenza di eventuali fattori di rischio, che deve orientare verso lo screening attivo, rilevante ai fini della diagnosi tempestiva.

Il questionario aiuta anche a capire se si sta facendo tutto ciò che è possibile per ritardare la comparsa della malattia o favorire l’assunzione precoce delle terapie oggi disponibili e prevenirne le complicanze.

Dobbiamo anche ricordare che è possibile intervenire in maniera significativa sulle abitudini, con l’educazione attiva delle persone.

“Io mi occupo di diabete gestazionale“, afferma Cristina Bianchi. “Questa patologia ci assicura importanti strumenti per educare le pazienti sulle corrette abitudini alimentari. Le donne che aspettano un figlio sono molto propense a cambiare il proprio stile di vita e a veicolare le nuove abitudini apprese al resto della famiglia”.

 

La creatività: come si sviluppa una campagna di awareness

Mauro Iannizzi, Senior Manager di H-FARM Innovation, descrive passo per passo la nascita di Zucchero Amaro.

“Abbiamo girato fra la gente, in strada: il posto ideale, oltre al web, per comprendere la percezione del diabete da parte degli italiani”, racconta Iannizzi.

Sono stati così realizzati 8 video, ognuno con l’obiettivo di sfatare un luogo comune. “Abbiamo voluto creare una comunicazione innovativa. Priva di volontà di giudizio, che non punta il dito contro le false credenze, ma che fa, piuttosto, leva sull’empatia“.

La stessa scelta dei colori, l’azzurro (come la carta da zucchero) e il rosso (come il bitter), è in linea con il nome della campagna, Zucchero Amaro, scelto perché ben rappresenta la conflittualità intrinseca in questa patologia, che fa oscillare i pazienti fra una convinzione e la sua opposta.

Devo continuare la mia vita o rinunciare a tutto? Devo continuare a mangiare carboidrati o eliminarli completamente dalla dieta? Sono domande che possono portare i soggetti colpiti da diabete di tipo 2 a scelte sbagliate, nocive per il loro stato di salute. E che possono trovare risposta nella corretta informazione.