L’ ipertensione definisce il classico ambito in cui la comunicazione sui farmaci può dare impulsi efficaci verso la conoscenza, la prevenzione e l’aderenza terapeutica.

In Italia circa 16 milioni di persone hanno la pressione arteriosa troppo alta. Il 50% delle persone over 60 è iperteso, l’80% fra gli over 80.

Ma più della metà degli ipertesi non sa di esserlo. E un terzo dei pazienti non riesce a compensare gli squilibri pressori. Perché non assume correttamente la terapia o perché alla prescrizione di una terapia non è neppure arrivato.

Leggi anche l’approfondimento sulle conseguenze degli errori nella terapia: aderenza terapeutica e farmaci mortali.

Eppure tutti abbiamo sentito parlare di ipertensione. Ognuno di noi sa che avere la pressione alta non è un’espressione di grande salute.

Un po’ per reale disinteresse, un po’ per paura, tendiamo ad occuparci poco delle malattie che non si presentano con un ingresso trionfale. Diamo più importanza a sintomi eclatanti e trascuriamo tutto ciò che non scatena allarme immediato.

 

FARMACI PER IPERTENSIONE: LA PRESSIONE ARTERIOSA

I farmaci per ipertensione curano un disturbo molto serio, che può avere conseguenze gravissime per la salute. E subdolo, nella misura in cui subentra senza dare grandi segni di sé.

Il sangue circola nei vasi perché sospinto da una forza impressa dal cuore. Il cuore riceve il sangue ossigenato dai polmoni. E’ la gittata cardiaca a spingerlo nell’aorta, la più grande delle arterie del corpo:

  • il sangue percorre l’arco aortico, la curva appena sopra il cuore nella quale l’aorta dà origine alle carotidi, le arterie che irrorano testa e collo
  • poi scende lungo il ramo addominale, che si sfiocca nelle arterie che nutrono i visceri
  • e giunge fino al bacino, dove si divide nelle due arterie iliache, che portano il sangue alle gambe.

Dai tessuti periferici, il sangue ritorna, esausto di ossigeno e di sostanze nutritive, ai polmoni percorrendo le vene. E ricomincia un nuovo ciclo.

 

QUANDO ASSUMERE FARMACI PER IPERTENSIONE

Avrete sentito parlare di pressione massima e minima e di valori che viaggiano sempre in coppia.

La pressione arteriosa è massima nella fase in cui il cuore si contrae espellendo il sangue (sistole) e minima quando si decontrae lasciando entrare nuovo sangue (diastole).

La pressione arteriosa non ha valori fissi: si muove per assecondare le esigenze del corpo. Quando siamo affannati perché stiamo compiendo esercizio fisico si alza. E così se siamo agitati per un esame incombente, perché contrariati, arrabbiati o euforici. Esistono sistemi che garantiscono il mantenimento dell’omeostasi e che entrano in funzione per gestire i picchi e ripristinare l’equilibrio.

I valori soglia oltre i quali si smette di essere considerati sani e si passa alla categoria ipertesi sono: 90 per la minima e 140 per la massima. Ma già quando la minima è sopra gli 85 mmHg la situazione deve essere tenuta sotto controllo. Con la pressione minima alta c’è poco da scherzare.

 

IPERTENSIONE: CAMICE BIANCO O PERICOLO REALE?

Proprio perché la pressione arteriosa non è statica, ma oscillazioni fisiologiche, non si può diagnosticare l’ipertensione con una sola misurazione.

Talvolta i valori possono anche alterarsi per un curioso fenomeno che poco ha a che vedere con la patologia arteriosa. La sindrome da camice bianco è l’agitazione indotta dal medico o infermiere che effettua il rilievo, dal fatto che ci si trova in ambiente ospedaliero. E può interferire con la corretta misurazione, fornendo valori non significativi.

Per bypassare questo problema, è possibile misurare la pressione a casa propria, tenendo un diario dei rilievi sulla base delle indicazioni del medico.

 

IPERTENSIONE: QUANDO E’ PERICOLOSA

Le variazioni estemporanee della pressione arteriosa consentono l’adeguata ossigenazione dei tessuti in tutte le condizioni. E che rientrano non appena la situazione si normalizza, la fatica trova sollievo, l’emozione si placa.

Quando i sistemi di regolazione non funzionano, la pressione rimane alta per lunghi per lunghi periodi. In questo modo il cuore viene mantenuto sotto sforzo per intervalli di tempo prolungati. E i vasi sanguigni vengono aggrediti da un flusso vorticoso e disordinato. A lungo andare succede che:

  • il cuore, affaticato, va in scompenso: la sua azione diventa cioè meno efficace (scompenso cardiaco congestizio). Non riesce a far arrivare il sangue in tutti i tessuti e non ce la fa a recuperarlo dai tessuti, dove si accumula, attraverso la circolazione venosa
  • i vasi si danneggiano al loro interno e, nel tentativo di richiudere le micro lacerazioni provocate dalla violenza della gittata sanguigna, formano cicatrici (coaguli). Un po’ quello che succede alla nostra pelle. Quando ci sbucciamo, l’epidermide forma un coagulo (quello che noi chiamiamo crosta), un tappo che evita la perdita di sangue. Finché è sulla pelle, il massimo che può succedere è che la cicatrice residua non soddisfi le nostre esigenze estetiche. Se però capita all’interno delle arterie, si crea un’interferenza con il flusso fisiologico del sangue. Questo porta a due evenienze rischiose. Ulteriori danni per la parete arteriosa, che può sfiancarsi e rompersi (aneurisma) e distacco dei coaguli (ora definibili come trombi). I trombi finiscono travolti dal flusso circolatorio e possono incastrarsi in arterie piccole ostruendo il passaggio del sangue. Se succede nelle coronarie, le arterie che nutrono il cuore, si verifica l’infarto miocardico.

 

PERCHE’ L’IPERTENSIONE CAUSA L’ICTUS

Il meccanismo che ho descritto sopra può replicarsi in tutti i distretti del corpo. Se si realizza nel cervello, ricco di piccole e delicate arteriole, causa l’interruzione del flusso di sangue ai neuroni dell’area colpita. Come un uragano che lascia le fragili strutture strategiche dedicate al ragionamento, al movimento, al linguaggio o alla memoria (i neuroni) senza luce né gas. E queste muoiono.

Dal momento che nei mammiferi adulti i neuroni non si rigenerano, quelle aree non potranno essere recuperate. Ecco perché le conseguenze dell’ictus sono tanto gravi.

 

ASSOCIAZIONI DI FARMACI PER IPERTENSIONE

I farmaci prescritti per ipertensione non cancellano né sovrastano l’importanza di acquisire e mantenere un corretto stile di vita.

Il requisito più importante per queste medicine, è la semplicità di assunzione. L’aderenza terapeutica (il grado in cui il malato segue le indicazioni del medico per la cura) dei pazienti ipertesi è molto bassa. Chi si scorda le compresse, chi ne prende una dose sbagliata, chi ritiene che dopo una misurazione che ha dato esito normale sia possibile non assumerle… Ognuno ha la sua. Il risultato è che spesso la pressione è fuori controllo non perché sia effettivamente incontrollabile o resistente ai farmaci, ma perché i farmaci non vengono proprio presi.

Il farmaco ideale per l’ipertensione non deve dare al paziente motivo per:

  • dimenticanze: meglio le combinazioni, che evitano due o tre assunzioni, in momenti diversi della giornata e aumentano il rischio di scostamenti dall’aderenza
  • rinunce: il paziente deve essere adeguatamente informato sui rischi del saltare le dosi
  • imprecisioni: il farmaco deve essere facilmente dosabile, perché le conseguenze di un sovradosaggio sono pesanti. La riduzione eccessiva della pressione può fare scendere i valori così in basso da impedire la corretta funzionalità renale (blocco renale).

 

FARMACI PER IPERTENSIONE: DIURETICI

Il volume di sangue circolante (volemia) influenza direttamente la pressione arteriosa. Come accade in qualsiasi tubo, più fluido circola, maggiore è la sua pressione (a parità di capacità della condotta).

Dunque, riducendo il volume di sangue, si può controllare l’ipertensione.

I diuretici, aumentando la quantità di urina prodotta, riducono il volume di sangue circolante.

Recenti studi hanno dimostrato che i diuretici sono:

  • i migliori per controllare la pressione arteriosa
  • i meno costosi
  • i più efficaci al fine di evitare lo scompenso cardiaco congestizio.

Tuttavia, per l’azione di concentrazione del sangue che operano, non possono essere prescritti a chi soffre di gotta.

 

FARMACI PER IPERTENSIONE: BETA BLOCCANTI

I beta bloccanti agiscono sulla secrezione di adrenalina. Limitano la sua attività di potenziamento della contrattilità e della frequenza cardiaca. Questo è un secondo sistema per abbassare la pressione: ridurre la forza applicata al fluido che circola.

L’elenco dei farmaci che hanno questa funzione è lungo. Fra le molecole più usate metoprololo, bisoprololo, atenololo, carvedilolo, propranololo.

E’ importante che la terapia con i beta bloccanti sia continua e regolare. La sua interruzione brusca e le sue discontinuità possono causare un peggioramento della sintomatologia.

Non sono indicati per coloro che soffrono di asma.

 

FARMACI PER IPERTENSIONE: ACE INIBITORI E SARTANI

ACE inibitori (i farmaci più comuni per ipertensione) e sartani si basano sullo stesso meccanismo dei diuretici (diminuire il volume del sangue), con un’azione diversa. Inibiscono l’azione degli ormoni che nel rene promuovono il riassorbimento di acqua, il sistema renina-angiotensina.

Gli elementi più noti di questa categorie di farmaci sono enalapril, captapril e quinalapril (per gli ACE inibitori) e il valsartan (per i sartani). L’uso di questi farmaci in gravidanza è controindicato.

Il più diffuso effetto collaterale degli ACE inibitori è la tosse, secca e stizzosa. Possono anche dare giramenti di testa e vertigini, tanto che normalmente il medico ricorda al paziente di assumerli prima di coricarsi, la sera.

 

FARMACI PER IPERTENSIONE: CALCIO ANTAGONISTI

Un terzo sistema per abbassare la pressione, è quello di ridurre le resistenze periferiche. Espressione tecnica che significa aumentare la capacità del tubo. A parità di volume del fluido, se allargo la condotta la pressione scende.

Nel nostro caso, l’obiettivo si raggiunge aumentando il diametro dei vasi sanguigni. Quali farmaci per ipertensione sono anche vasodilatatori se non i calcio antagonisti?

 

FARMACI PER IPERTENSIONE: COME I CONTENUTI DELL’INFORMAZIONE POSSONO AIUTARE

Il ruolo della comunicazione sui temi della scienza è anche quello di mantenere alta l’attenzione. Lo storyteller del farmaco deve mettere in evidenza gli aspetti di pericolosità che le malattie generano. Il suo intervento è tanto più efficace quanto più focalizzato sulle patologie prevenibili.

Sono queste le uniche di cui possiamo modificare il decorso, le uniche evitabili.

Ti interessa sapere come lo stile di vita può diventare un farmaco? Leggi qui

Dell’ipertensione dobbiamo fare sapere molto.

Per esempio che, come raccomandato dalla Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (Siia), dobbiamo controllarci. Dai 18 anni in su è utile fare un controllo pressorio all’anno. Per i soggetti che hanno familiarità per l’ipertensione o altri fattori di rischio (fumo da sigaretta, sovrappeso, sedentarietà) i controlli devono essere più numerosi.

Un’altra efficace strategia di controllo dell’ipertensione si basa su:

  • la rinuncia al fumo da sigaretta
  • l’abolizione dell’alcol
  • la corretta alimentazione: povera di sale da cucina e di cibi che lo contengono. Il sale contiene sodio, elemento che contribuisce all’innalzamento della pressione arteriosa. Ma non è l’unico responsabile. Molti sono i cibi nei quali il sale è nascosto, a cominciare dai salumi, che proprio grazie alla presenza del cloruro di sodio possono conservarsi.

I superlativi Queen e David Bowie hanno descritto molto bene cosa significhi essere sotto pressione. Nella loro Under Pressure (ascoltala qui) sono molti i riferimenti alle strutture più fragili, le prime a cedere sotto i colpi della pressione:

...chipping around, kick my brain around the floor

these are the days it never rains but it pours…