La pandemia ha fatto drammaticamente aumentare l’incidenza del diabete di tipo 1, malattia già molto diffusa nella popolazione. Se prima del 2020 l’incremento nelle diagnosi era del 2-4% ogni due anni, fra il 2019 e il 2021 questo numero è decuplicato e arrivato al 27%.

Un articolo pubblicato di recente sulla rivista Jama Network Open ha confermato il trend, escludendo anche che il fenomeno sia imputabile all’azione diretta del virus.

Mentre, da un lato, occorre indagare le cause effettive, dall’altro è necessario potenziare lo strumento diagnostico, per individuare precocemente i casi di malattia e istituire con tempestività i necessari trattamenti.

Le statistiche dicono, infatti, che oggi il 40% delle diagnosi di diabete di tipo 1 avviene in ritardo. La circostanza più comune è quella del riconoscimento della malattia a valle di un episodio di chetoacidosi, una complicanza acuta che può provocare danni permanenti o addirittura mettere a rischio la vita del paziente.

Tuttavia, la comunità scientifica ha da tempo dimostrato che la diagnosi precoce della patologia consente di garantire ai pazienti un’aspettativa di vita analoga a quella della popolazione generale.

 

Diabete di tipo 1: lo screening

L’Italia è il primo Paese al mondo ad aver istituito uno screening del diabete di tipo 1.

Con l’approvazione della Legge 130/2023, il nostro Paese ha modificato l’approccio alla patologia mettendo a disposizione degli operatori sanitari, al netto dell’approvazione de decreti attuativi, uno strumento per l’individuazione delle persone a rischio.

Lo screening è anche una modalità di accesso alla terapia con teplizumab, un farmaco che permette di ritardare la comparsa del diabete di tipo 1 nei soggetti a rischio e che al momento è autorizzato solo negli Stati Uniti.

La legge 130 è storica, introduce lo screening sul diabete di tipo 1 e celiachia su tutta la popolazione pediatrica a partire dall’anno prossimo. Un grandissimo risultato

Nicola Zeni – Presidente Fondazione Italiana Diabete

L’epidemia di diabete di tipo 2 fra i giovani

I ricercatori hanno anche dimostrato che il diabete di tipo 2, fino ad oggi caratteristico dell’età avanzata perché correlato agli stili di vita, è oggi in rapida diffusione fra i giovanissimi.

Valentino Cherubini, Presidente SIEDP (Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia) e Direttore della Diabetologia pediatrica presso gli Ospedali Riuniti di Ancona, in un articolo a sua firma pubblicato su “Il Sole 24Ore”, descrive il fenomeno parlandone come di un’emergenza che richiede la messa in opera di appropriate misure.

I dati del registro mondiale “Sweet” hanno dimostrato che negli ultimi 10 anni la frequenza di nuove diagnosi negli under 20 è aumentata del 9% ogni due anni. Stiamo perciò andando incontro a un’epidemia di diabete tipo 2 anche fra i giovanissimi ed è indispensabile che gli endocrinologi pediatri, in prima linea per fronteggiare una simile emergenza, facciano informazione, educazione e prevenzione per arginare questo fenomeno.

Valentino Cherubini – Presidente Siedp e Dir. della Diabetologia pediatrica Ospedali Riuniti di Ancona

Sul diabete di tipo 2, inoltre, incombe il problema delle carenze. Quella che avrebbe dovuto essere una carenza temporanea è destinata a protrarsi per un periodo di tempo più lungo: lo si legge in una Nota Informativa di AIFA.

Sulla semaglutide (Ozempic), il farmaco antiobesità il cui nome rimbalza su tutti i siti di gossip perché assunto da molte celebrità come supporto al dimagrimento, Novo Nordisk ha annunciato investimenti di oltre 7 miliardi finalizzati al potenziamento della capacità produttiva. Ma i risultati di questo potenziamento potrebbero non essere immediati.