Il cinema ama fare lo storytelling delle epidemie: un’occasione per riflettere sui rischi della comunicazione. I cittadini devono essere allarmati o rassicurati?

La comunicazione della Scienza non passa solo attraverso i canali convenzionali.

 

COMUNICARE LA SCIENZA IN MANIERA ALTERNATIVA

E’ possibile trasmettere i messaggi chiave del mondo scientifico anche in maniera alternativa. Un esempio di cui vi ho parlato nel novembre del 2017 è stato quello di Epatite C Zero, la web serie sull’eradicazione di epatite C.

Guardando un film, assistendo ad una serie TV, persino ascoltando musica è possibile apprendere informazioni, assorbire concetti ed essere permeati dai principi scientifici. Possiamo imparare a ragionare con più logica e riflettere sui problemi di Salute che hanno ripercussioni sociali particolarmente significative.

E’ quello che abbiamo provato a fare con The Good Wife, ragionando sulla diffusione delle nuove droghe e su come sia possibile proteggere i più giovani da questa minaccia.

Le ricadute collettive (difficilmente scindibili da quelle personali) delle infezioni sono all’ordine del giorno dei fatti di cronaca. E lo storytelling può aiutare a comprenderne i meccanismi.

Se gli antibiotici non funzionano più: come proteggersi dai Superbugs.

 

CONTAGION: STORYTELLING DI UN’EPIDEMIA

Il celeberrimo regista americano Steven Soderbergh si impegna in uno storytelling molto realistico di un’epidemia virale catastrofica nel film Contagion. E’ l’occasione per affrontare il tema della comunicazione, non solo scientifica. E del suo utilizzo strumentale, di come i concetti possono essere girati e rigirati a piacere per far tornare i conti a proprio vantaggio.

Immaginate il pianeta Terra percorso in lungo e in largo da una moltitudine brulicante di virus super contagiosi. Figli di un microorganismo sconosciuto che uccide con la facilità di un’arma potente. Che non si ferma davanti ai confini geografici, che non sente intimidazioni politiche, che non legge divieti.

Maniglie, rubinetti, pulsanti di ascensori diventano vettori di morte. Ma il sospetto è ubiquitario.

 

STORYTELLING, PERCHE’ E’ IMPORTANTE

Ci tocchiamo il viso dalle 2 alle 3.000 volte al giorno

avverte la brillante scienziata Kate Winslet.

Occhio, quindi. E’ peggio di quanto pensiate: siatene consapevoli. Non pensate, nemmeno per un minuto, di essere al sicuro fra le pareti asettiche del vostro ufficio super moderno. O fra le bianche lenzuola fruscianti degli hotel che accolgono i vostri spostamenti.

Il nemico può essere proprio dove meno ve l’aspettate. E approfittare di una piccola, innocente dimenticanza: le mani non lavate, l’asciugamani a phon contaminato.

 

PERCHE’ FARE STORYTELLING

Hollywood e le epidemie hanno un rapporto di lunga data. Qualcuno di voi ricorda Cassandra Crossing (Sophia Loren, Burt Lancaster, Ava Gardner, non proprio un cast da B movie)?.

[Per i più giovani: non sto rievocando ere preistoriche, non sono passati che pochi mesi…].

 

storytelling delle epidemie, locandina di Cassandra Crossing, film su epidemie di peste

 

Lì si trattava di un batterio, quello della peste. Non si parlava ancora di antibiotico resistenza. E Sophia Loren era, come sempre, bellissima.

 

ALLA FOLLE RINCORSA DI UN VACCINO

Al CDC statunitense (Center for Disease Control and Prevention) la task force “emergenze” è più che attiva. West Nile, meningococco, Herpes virus sono le prime, tentennanti ipotesi. Il primissimo tentativo di emergere dalle nebbie di un quadro sanitario globale dai contorni misteriosi e intimidatori.

Intanto, del cast importante si perdono gli elementi più celebri ai primi fotogrammi. La manager Gwyneth Paltrow muore dopo poche immagini, suo figlio la segue a brevissima distanza. Lasciando Matt Damon, vedovo, nella tristezza più cupa.

Da qui in poi, la folle corsa dei ricercatori per sintetizzare un vaccino efficace e sicuro in tempi record. Un inseguimento trepidante, disperato, che lo storytelling riprende in maniera dettagliata.

 

COMUNICAZIONE ONLINE E CREDIBILITA’

Fra annunci spaventosi e reazioni complottistiche, la folle corsa procede. Da un lato le autorità allarmano per suscitare l’attenzione dei cittadini. Dall’altro gli esperti di comunicazione ricordano quanto sia deleterio agitare spauracchi, com’è accaduto per la SARS, per l’influenza aviaria e per la suina.

In mezzo, chi approfitta della situazione destabilizzata per trarre profitto. Spiace che sia un blogger a farlo. Un collega che pascola il versante oscuro della comunicazione. Che usa la tastiera per seminare confusione e sospetto, sfiducia nella comunità scientifica. Ogni riferimento ai vaccini  non è casuale.

La gente ha fiducia in te: se dici di non vaccinarsi, ti ascolta e non si vaccina

tuona lo scienziato al blogger nel tentativo di renderlo consapevole.

Spiace, dicevo, che sia un blogger ad incarnare, nel film, l’inaffidabilità. Continuando a ragionare in termini di efficacia della comunicazione, rischia di passare il messaggio (sbagliato) che online i contenuti siano meno credibili. Non è così: sappiamo che le bufale pascolano anche nelle valli, o meglio gli avvallamenti, della carta stampata.

 

EPIDEMIE, STORYTELLING E STRATEGIE DI COMUNICAZIONE

Gli errori nella comunicazione sui rischi concreti di una pandemia globale nel recente passato hanno preparato il terreno per l’attecchimento di movimenti antiscientifici. Non possiamo più ripetere lo stesso errore.

Difficile andarci cauti quando la morte è dietro il volto di ogni vicino di casa, di ogni compagno di viaggio in autobus. Ma la comunicazione della Scienza, in casi come questi, deve muoversi con passo felpato. Allertare per neutralizzare possibili vie di contagio, senza allarmare. 

Il rischio è, altrimenti, quello di spingere orde di cittadini terrorizzati a saccheggiare supermercati. Occorre evitare di trovarsi a gestire città in preda a crisi di nervi, ospedali devastati da gente in cerca di cure inesistenti.

Bisognerebbe anche guardarsi dal lasciare spazio a personaggi come quello interpretato da Jude Law. Gente disposta a tutto. A spendersi per convincere le persone che la vaccinazione non solo non è utile, ma persino dannosa. A rivelare (mentendo) di avere contratto il virus e di averlo sconfitto grazie ad un prodotto omeopatico. Saggiamente occultato dall’industria farmaceutica allo scopo di eliminare la concorrenza (certo…).

 

L’INNOVAZIONE E’ DEPOTENZIATA DA UNA COMUNICAZIONE INEFFICACE

Come ti opponi ad un virus che macina migliaia di chilometri al giorno e che ha un tasso di mortalità del 30%? Se sei miracolosamente riuscito a sintetizzare, testare e approvare un vaccino, persino a distribuirlo in tempi record. E la popolazione che dovrebbe riceverlo non si fida. Oppure lo usa male, non segue le policy raccomandate.

Puoi innovare fin che vuoi, puoi fare ricerca fine finché il budget ti sostiene (anche tanto se sei fortunato). Ma se quel farmaco, quel dispositivo non arriva alle persone in maniera corretta, l’innovazione sarà solo parziale o addirittura inutile:

  • se il messaggio veicolato dalla comunicazione non passa correttamente, il valore dell’innovazione è rimaneggiato
  • quando le persone non percepiscono l’importanza di un presidio sanitario, quel presidio perde di significato
  • nel caso in cui la triade medico-paziente-farmacista non comunichi efficacemente, il valore del farmaco viene penalizzato, a scapito del paziente.

E’ qui che lo storytelling manifesta il massimo del suo valore aggiunto.