Bernard Bégaud, docente di Farmacovigilanza e Farmacoepidemiologia presso l’Università di Bordeaux e riferimento mondiale per questo settore, è il protagonista dell’evento webinar che AIFA ha organizzato oggi.

Il dibattito si propone di indagare le modalità con cui l’interpretazione del segnale in farmacovigilanza produce evidenze per la salute pubblica per quanto riguarda i vaccini i vaccini anti COVID-19.

Sono molto soddisfatta di essere stata fra le 10.000 e più persone in collegamento, pronta ad ascoltare informazioni che in questo momento possono davvero fare la differenza per la comprensione del contesto in cui ci muoviamo.

Vaccini ed effetti collaterali: la trombosi del seno venoso cerebrale

Lo sviluppo e l’immissione in commercio di questi vaccini rimarrà uno dei più grandi successi dell’industria farmaceutica moderna.

Non dobbiamo sciupare quanto è stato fatto, ma abbiamo il dovere di capire di più. Di comprendere se il nesso fra il vaccino e gli eventi trombotici osservati in questi giorni è causale o casuale.

In riferimento al vaccino AstraZeneca non si parla di trombosi generica, ma di trombosi del seno venoso cerebrale (CVST). Un’evenienza molto rara che ha un’incidenza relativamente più elevata nelle giovani donne.

Rispetto a questa condizione, la domanda che ci si pone è: il rapporto benefici/rischi è ancora vantaggioso?

Per rispondere a questo interrogativo occorre valutare il nesso di causalità che lega il vaccino alla comparsa di quello che potrebbe essere un suo effetto collaterale.

La dichiarazione del 10 marzo e la stima dei casi attesi

Il 10 marzo l’Agenzia Europea dei Medicinali ha emesso un comunicato che è rimasto scolpito nella pietra. Chiunque operi in farmacovigilanza (io me ne occupo dal punto di vista della comunicazione) lo ricorda a memoria.

The number of thromboembolic events in vaccinated people is no higher than the number seen in the general population

Emer Cooke – Executive Director EMA

Esaminando la dichiarazione con cui Emer Cooke ha presentato la decisione dell’ente regolatore che presiede, Bégaud fa qualche conto.

Le persone inoculate con il vaccino AstraZeneca sono 25 milioni e si sono verificati 62 casi di trombosi del seno venoso cerebrale.

Su questa popolazione possiamo effettuare delle stime del numero di eventi CVST attesi più o meno ottimistiche.

Possiamo attenerci alle ipotesi più rosee, ossia consideriamo che siano attesi 5 casi per milione di persone per anno. Secondo questa premessa, il numero totale dei casi attesi è 125.

Oppure possiamo affidarci a previsioni più grigie (14 casi per milione di persone per anno) e quindi avere 350 casi attesi.

Ciò che EMA non ha considerato

Bernard Bégaud individua tuttavia tre imprecisioni in cui EMA è incorsa durante la sua analisi.

Prima imprecisione

EMA non ha considerato il fenomeno della sottosegnalazione.

La farmacovigilanza non riesce sempre a cogliere tutte le reazioni avverse che si verificano nella popolazione a cui il farmaco viene somministrato. In media solo il 5% dei casi viene segnalato.

Questa è la ragione per cui le istituzioni che si occupano di farmaci e salute pubblica attribuiscono molta importanza alle campagne di sensibilizzazione alla segnalazione degli effetti collaterali di un medicinale. E fra le ragioni per cui è stata data anche al cittadino la possibilità di segnalare spontaneamente in maniera autonoma, attraverso il sito di AIFA.

Non possiamo sapere quale sia la dimensione della sottostima per la tipologia di trombosi che si è verificata, ma possiamo immaginare che, data la gravità degli eventi e la risonanza generale della notizia, non sia stata elevata.

Seconda imprecisione

I calcoli di EMA sono stati condotti supponendo che la popolazione soggetta al rischio di trombosi del seno venoso cerebrale coincida con quella che si è sottoposta alla vaccinazione.

In realtà, secondo il prof Bégaud, questa ipotesi non rappresenta verosimilmente la situazione reale: la CVST è molto più frequente nelle persone giovani, mentre la maggior parte dei soggetti vaccinati ha età superiore ai 60 anni.

Il denominatore, quindi, è più alto di quello che dovrebbe e, necessariamente, il risultato della frazione è inferiore rispetto a quello che si otterrebbe utilizzando numeri più plausibili.

Terza imprecisione

EMA avrebbe utilizzato finestre temporali incoerenti fra loro ragionando sul confronto fra dato osservato e dato atteso.

A due settimane dalla vaccinazione, sono stati segnalati 62 casi di trombosi del seno venoso cerebrale (dato osservato).

La domanda é: quanti casi di CVST erano attesi in due settimane? Per rispondere al quesito devo usare lo stesso intervallo impiegato per la stima del dato osservato. Ma se considero come intervallo due settimane, nella stima più ottimistica ho un dato atteso pari a 4,8 e in quella più grigia 13,5.

Queste considerazioni dimostrerebbero che il segnale c’é.

Per studiarlo meglio, occorre realizzare una analisi caso per caso, esaminare la plausibilità biologica dei singoli eventi e perfezionare ulteriori valutazioni farmaco-epidemiologiche.

Una buona comunicazione può fare più della statistica

Con una copertura mediatica senza precedenti, qualsiasi evento può trasformarsi, indipendentemente dai parametri di realtà nei quali è inquadrato, in un fattore di ansia collettiva.

La percezione del rischio è sproporzionata rispetto alle dimensioni effettive degli eventi.

Dobbiamo considerare che la campagna vaccinale può essere inficiata da una comunicazione inadeguata.

Abbiamo bisogno dei vaccini. Non abbiamo alternative, non possiamo scegliere altri medicinali.

Il vaccino è sicuro, ma il paziente può essere pericoloso

Non dobbiamo pensare che il vaccino sia assolutamente rischioso. Dobbiamo però capire qual è la popolazione corretta nella quale somministrare una tipologia di vaccino piuttosto che un’altra. E’ necessario stabilire in quale fascia di popolazione il rapporto benefici/rischi di un certo vaccino è certamente vantaggioso.

Se rinunciamo a raggiungere questo obiettivo, possiamo causare un disastro in termini di incidenza di reazioni avverse a cui si aggiungerebbe il disastro della vaccine hesitancy.

All’inizio il vaccino AstraZeneca era indicato nella popolazione più giovane, mentre ora è destinato più correttamente a quella più anziana. Per la popolazione può rappresentare un messaggio contraddittorio, ma si tratta di un affinamento delle indicazioni reso possibile dalle azioni di farmacovigilanza.

Nelle sperimentazioni cliniche, la popolazione più presente è stata quella più anziana: si era infatti già capito che la COVID-19 fosse una patologia più specifica di questa fascia di età.

Il reclutamento di un numero inferiore di giovani non ha fatto emergere, per questioni statistiche, casi significativi di trombosi del seno venoso cerebrale. Una reazione avversa che si è potuta osservare solo nel real world.

Riflettere sul rapporto benefici/rischi

Infine, il prof Bégaud riprende la celebre dichiarazione del 10 marzo, per un’altra riflessione, stavolta mirata a valutare la coerenza fra la decisione del regolatore e i modelli statistici.

Sappiamo che il rapporto benefici/rischi deve essere vantaggioso per tutti i farmaci.

Ma dobbiamo considerare che, mentre il rischio è distribuito su tutta la popolazione, i benefici non sono omogenei al suo interno: alcuni giovani, probabilmente, non sarebbero mai stati infettati ma hanno assunto i rischi della vaccinazione. Il rapporto benefici/rischi dipende dall’età, che rappresenta un fattore modificatore del rischio che non possiamo sottovalutare.

Per i vaccini anti-COVID l’efficacia oscilla fra il 65 ed il 95%. Ma in primo luogo dobbiamo considerare che la maggior parte delle reazioni avverse non sono ancora state identificate (emergeranno nel tempo).

Questi effetti avversi potrebbero avere bassa incidenza oppure comparire quando sono presenti fattori specifici di rischio. Come dire, il vaccino è sicuro ma il paziente è pericoloso.

Inoltre, i benefici non sono tutti immediati e visibili: la copertura potrebbe estendersi per tutta la vita o durare solo per un periodo limitato.

Non riflettere sul reale rapporto benefici/rischi nei diversi sottogruppi potrebbe portare a scelte di salute pubblica sbagliate.

Arrendersi all’idea di non sapere tutto

Sappiamo ancora molto poco ed è giusto che le persone ne siano consapevoli: la mancata trasparenza è un amplificatore della vaccine hesitancy.

Non sappiano quanto durerà la protezione, quanto la pandemia, non conosciamo l’efficacia del vaccino AstraZeneca contro tutte le varianti che potranno presentarsi, né se potremo avere disponibilità di vaccini più efficaci in futuro.

L’attività di farmacovigilanza è strategica per raccogliere le segnalazioni e dare una dimensione precisa dell’ampiezza di questo segnale.