La scrittura ti porta dove è necessario arrivare perché la storia si compia. Che potrebbe non essere il posto in cui vuoi andare.
Il titolo è in parte fuorviante. Perché più che sulla figura di una moglie io ci ho visto un riflettore puntato sulla scrittura. Ma il mio può essere un banale caso di deformazione professionale.
La storia di The Wife – Una Vita Nell’Ombra è senz’altro focalizzata sulla vita di una coppia storica. Legata da un sodalizio che va al di là di ciò che sembra. E l’interpretazione superba di Glenn Close legittima lo spostamento dei riflettori sulla protagonista. Anche nel titolo.

LA SCRITTURA SI SPECCHIA

Il filtro responsabile della distorsione della mia percezione è uno: ogni occasione è per me buona (anzi, di più, ottima) per aprire riflessioni su questo argomento. Ma l’ottima pellicola del bravo regista svedese, che ammetto di avere conosciuto solo grazie a The Wife,scatena fantasie pronte a prendere forma su fogli bianchi impazienti di accoglierle. Peraltro la storia è tratta da un romanzo: la scrittura che parla di sé, si specchia, si proietta infinite volte.
Una corrispondenza di sensi che, nel film, ha interferenze non trascurabili con i sentimenti. Se ne arricchisce, ne ricava pensieri, energia. Diciamo che ne approfitta. Ma, alla fine, come sempre capita, arriva il
conto. Che in casi come questo è piuttosto salato. C’è di mezzo una vita e, a confronto, anche una carriera letteraria da Nobel impallidisce.
scrittura, Glenn Close, The Wife

Glenn Close nel film “The Wife – Una vita nell’ombra” (credits: electricliterature.com)

 

 

LA SCRITTURA COME CURA DI SE’ (MA QUANTI SONO GLI EFFETTI COLLATERALI…)

La scrittura può far stare molto male
ammette uno dei due personaggi principali.
Condivido. Scrivere ti porta dove è necessario arrivare perché la storia si compia. Che potrebbe non essere il posto in cui vuoi andare.
Scrivere è un’urgenza a cui lo scrittore non può sottrarsi
Sono d’accordo anche su questo. Molto spesso i pezzi migliori vengono subiti da chi li crea. Non sono l’espressione di una precisa volontà che riesce a sovrintendere al processo. Ma piuttosto il risultato di una decisione superiore, di un’idea che vuole emergere e conquistarsi uno spazio di realtà.
E’ invalsa nell’uso l’abitudine di vedere la scrittura creativa come terapia: ma questo non è sempre vero. Come i farmaci, anche la parola può fare male. Normalmente è possibile individuare una modalità di assunzione (scrittura) che limiti gli effetti collaterali. Ma qualche volta questa maniera non esiste e scopri che della medicina non puoi fare  a meno.

DA DOVE NASCE LA SCRITTURA (MA SOPRATTUTTO, DOVE VA)

La scrittura può generare frustrazione. Essere motivo di insoddisfazione.
Quando un contenuto esce da chi lo scrive per trasferirsi su un foglio di carta, si è necessariamente preso qualcosa da lui. Ma scappa come un figlio irriconoscente, fiero di differenziarsi dal padre. E non fa differenza se si parla di scrittura digitale o cartacea.
Il finale sconvolgente del film non è che una delle scintille accese nella mente dello spettatore. Continui riferimenti alle parole, alle storie, ai personaggi di romanzi che giacciono stanchi su scaffali impolverati. Sono questi i veri fiori all’occhiello della pellicola.
(Photo credits: awardseasonblog.wordpress.com)