Campagne di informazione in Sanità: qualche riflessione su come strutturarle
Campagne di informazione e sensibilizzazione contro le malattie prevenibili: meglio colpire con i successi ottenuti o puntare sul coinvolgimento di quanti ancora latitano?
Direi entrambi, ma con effetti diversi a seconda dell’ordine in cui li pongo.
Nella Giornata Mondiale delle Epatiti, che si celebra oggi 28 luglio, una riflessione aperta.
Parto dall’obiettivo, che è quello di convincere più persone possibili a sottoporsi agli screening. Meglio se i soggetti appartengono alle categorie a rischio.
Dovrò quindi partire da una considerazione di fondo: è necessario migliorare le statistiche. Da ciò deriva che partire da numeri importanti (quando davvero disponibili) non è una buona idea: non voglio ingenerare nell’interlocutore l’impressione di una situazione ampiamente sotto controllo.
Diverso il discorso che riguarda, ad esempio, i successi dei test disponibili (affidabilità, accuratezza, costo-efficacia delle campagne…).
Partirò quindi da ciò che manca, e non da quello che già si è ottenuto. E dovrò farlo parlando il linguaggio delle categorie a rischio (studiando le loro abitudini, analizzando i comportamenti etc), perché è proprio lì che è necessario agire.
Solo dopo avere posto l’accento su questi aspetti, allora citerò i traguardi già raggiunti, partendo anche dal presupposto di quasi tutte le campagne di informazione di questo tipo, ovvero gli ampi margini di miglioramento dell’engagement.