La Notte Europea dei Ricercatori (lo ricordiamo, è stata celebrata il 30 settembre) ha coinciso con la tappa europea del World Biotech Tour, a Milano. Un’entusiasmante serie di eventi culminata con il Biotech Party, cui WELLNESS4GOOD ha partecipato venerdì sera, al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano, dove tutto parlava di biotecnologie.
Per capire cosa sono le biotecnologie non dobbiamo immaginarci chissà quali formule chimiche o concetti scientifici complessi. Basta osservare una pannocchia, o, per utilizzare un termine più preciso, una “spiga” di mais.
Il mais ci dice molto sulle potenzialità dell’uomo nell’impiegare i sistemi biologici per inventare nuovi processi industriali o per migliorare quelli già esistenti, ossia lo scopo delle biotecnologie.
Il dottor Massimo Galbiati, del Dipartimento delle Scienze Biomolecolari e Biotecnologia dell’Università degli Studi di Milano, va subito al punto della questione. Il mais è una coltura estremamente sensibile a moltissimi patogeni. La sua produzione deve soddisfare non solo l’alimentazione umana (parte minore), ma soprattutto quella animale: infatti questo cereale entra costitutivamente nei mangimi per gli allevamenti di bestiame. Per questa ragione è indispensabile proteggere le sue colture dai microbi che potrebbero distruggerle. Il modo più semplice è quello di utilizzare grandi quantità di antiparassitari. Sostanze che, in ultima analisi, entrano nella nostra alimentazione.
Possibile che non ci sia una soluzione meno dannosa per l’uomo?
Infatti c’è. L’hanno trovata le biotecnologie, o meglio, gli studiosi esperti del settore. Bacillus thuringensis è un microorganismo che, per natura, durante il corso della sua evoluzione, ha sviluppato la capacità di sintetizzare una proteina che colpisce gli insetti, compresi quelli che attaccano le colture di mais. Produce, quindi, un insetticida naturale.
In laboratorio è possibile prendere dal batterio il gene che codifica per quella proteina e aggiungerlo al codice genetico del mais: abbiamo così ottenuto il MAIS BT, che non richiede l’impiego di insetticidi.
Quindi, abbiamo risolto il problema della sensibilità del mais agli insetti? Sì, effettivamente è così. Ma questa soluzione non convince.
Il mais in grado di produrre la proteina insetticida è un mais “transgenico”. E, purtroppo, questo aggettivo è ancora in grado di scatenare le paure più ancestrali.
Parlare di OGM in Italia è ancora molto difficile, tanto che il tema viene trattato con gli stessi criteri di un tabù. Il punto è che, se vogliamo pensare liberamente, i tabù dobbiamo sfatarli, dobbiamo levare loro di dosso il manto di mistero che noi abbiamo fatto in modo li avvolgesse.
Cosa ci spaventa? Che sia geneticamente modificato? Che non si possa più definire “mais” ma che si tratti di una strana creatura vegetale creata dall’uomo, un “mostro di laboratorio”?
Come avete potuto capire dalla spiegazione che ne abbiamo fatto sopra, si tratta del mais che abbiamo sempre conosciuto e di cui ci siamo sempre cibati, solo con una caratteristica in più, una qualità decisiva, che ci permetterebbe di evitare l’inutile ingestione di insetticidi.
Saprete certamente che in Italia non è consentita la produzione di organismi vegetali geneticamente modificati. Quello che forse non sapete è che l’importazione, invece, è considerata legale.
Abbiamo parlato di mais perché si tratta del punto di partenza per molti prodotti.
Oltre ai prodotti chimici usati in agricoltura, che necessariamente entrano nella nostra catena alimentare, esistono altri elementi in grado di costituire un pericolo per la nostra salute. Sto parlando dei derivati del petrolio. La plastica è un materiale estremamente interessante per le sue caratteristiche tecnologiche: inerte, resistente, elastica, versatile. Può essere usata per infiniti processi produttivi.
Ma ha un problema: è eterna. Non si degrada. La ritroviamo intatta nel terreno per anni. Per questo, e per molti altri motivi, dobbiamo fare lo sforzo di decarbonizzare la produzione industriale.
Anche in questa sfida le biotecnologie ci vengono in aiuto. In tanti modi. Per esempio attraverso la sintesi dei biocarburanti. Sappiamo che è possibile bruciare cereali per ottenere energia.
Ma il mais è anche punto di partenza per la sintesi di acido polilattico, componente fondamentale per la produzione di plastiche più moderne e al passo con i tempi e le esigenze di un mondo low-carbon: le bioplastiche, cioè le plastiche prodotte attraverso l’ausilio delle biotecnologie.
Questo argomento è così interessante da essere stato scelto come progetto da presentare in occasione del World Biotech Tour da una classe del Liceo Classico San Raffaele di Milano. Insieme ad altre tre classi di coetanei provenienti da altri istituti milanesi, i ragazzi sono stati protagonisti di un progetto di tutoring dell’Università Milano Bicocca, che li ha fatti avvicinare alle biotecnologie.
In particolare, i ragazzi del Liceo San Raffaele sono stati guidati e coordinati nel loro appassionante viaggio dalla Professoressa Paola Branduardi (ricercatrice di Biotecnologia Industriale all’Università Milano Bicocca) e dal dottor Stefano Bertacchi, ricercatore a Galatea Biotech, spin-off dello stesso ateneo che si occupa di biotecnologie industriali e chimica verde e di cui la Branduardi è Presidente.
Quando ho saputo da Stefano del progetto, me ne sono appassionata io ancor prima dei ragazzi che ci hanno lavorato. Lui stesso ha raccontato di avere sempre desiderato una forma di collaborazione con il Museo Leonardo da Vinci. In effetti qui si respira un’atmosfera frizzante di fermento scientifico e tecnologico, che lo rende un ambiente appetibile per chiunque lavori nel settore.
Trovo molto positivo questo contatto fra la scuola secondaria ed il mondo della ricerca (e del lavoro): i giovani hanno la possibilità di accostarsi allo studio scientifico in maniera più informale, di conoscerlo attraverso la pratica e le parole di chi ha già un’esperienza nel settore. E’ un esempio molto utile di alternanza scuola-lavoro. Stefano ci ha parlato della velocità con cui i ragazzi hanno stabilito empatia e partecipazione e delle idee originali che hanno espresso fin da subito per la competizione. Osservare come via via prendevano confidenza con il progetto deve essere stato veramente entusiasmante.
La classe di Stefano ha lavorato sui meccanismi attraverso i quali è possibile produrre le bioplastiche a partire da cereali e batteri. I batteri presenti nello yogurt trasformano gli zuccheri del mais in acido lattico, che viene poi polimerizzato in acido polilattico (PLA). Le caratteristiche del PLA lo rendono simile alle plastiche tradizionali, anche negli utilizzi. Ma, a differenza di queste, è perfettamente biodegradabile.
Bellissima esperienza per i ragazzi, per i quali continuiamo a tifare. Se ci avete seguito sulla pagina Facebook di WELLNESS4GOOD, saprete che era possibile votare il proprio progetto preferito: la classe vincitrice volerà a Tokio per rappresentare l’Italia al World Biotech Tour Global Summit!
Le biotecnologie hanno un futuro, perché sono il nostro futuro e, soprattutto, sono ovunque, intorno a noi.