La contaminazione fra fisica, teatro e haute cuisine ha affascinato WELLNESS4GOOD, che ne parla qui, consapevole che non vi è nulla di rassicurante. 

Avvertenza: questo post è stato scritto per pura passione.

Siete liberi di definirlo ectopico. Fisica quantistica in un blog dedicato alla salute: mmmhh… E nemmeno propedeutica alla descrizione di un super macchinario avveniristico della diagnostica per immagini: doppio mmmhh…

Ma, alla fine, la passione di cui parlo è quella per la scienza e per la scrittura, per me impossibili da identificare separatamente. Quella presente in tutti i miei post. Quella che mi spinge a condividere appieno la visione di Gabriella Greison, fisica, scrittrice e giornalista professionista, autrice del libro di cui vi racconto, riguardo la necessità di divulgare la scienza con parole nuove, di animarla con il proprio entusiasmo, di comunicarla in maniera da toccare i tasti più efficaci affinché il messaggio passi.

“L’incredibile cena dei fisici quantistici”, su cui Salani ha scommesso e vinto, non è un libro di fisica tradizionale. Non contiene formule, né complicate espressioni di algebra matriciale. Tuttavia insegna, e lo posso confermare grazie all’esperienza personale, molto più di quanto hanno potuto testi meno alternativi.

Non sono un fisico: questa è una doverosa anticipazione, una sorta di firma sulla liberatoria, che mi svincola dal dovere di non incorrere in piccole imprecisioni. Perciò, non me ne voglia Gabriella Greison se stropiccio o gualcisco qualche termine impiegandolo in maniera impropria, se piego di tanto in tanto una grandezza fisica alle mie esigenze estetico-letterarie. Sappia che lo faccio a fin di bene e che, anche nell’eventualità di non esserne ricambiata, amo la fisica. Anzi, io e WELLNESS4GOOD saremmo molto felici di ospitare le sue provvide correzioni, qualora ne ravvisasse la necessità.

Siamo a Bruxelles, nel 1927, in occasione del quinto congresso dei fisici di fama mondiale. La manifestazione ha per titolo “Elettroni e fotoni”, cioè materia e luce, particelle ed onda. Ernst Solvay, ricco industriale mecenate, riunisce attorno a sé le più brillanti menti scientifiche, insieme all’amico Alfred Nobel. Due svedesi uniti dall’intensa passione per la scienza ed il progresso.

Il palcoscenico attende i protagonisti. La tavola riccamente imbandita sta per accogliere le personalità del momento, i fisici. La sceneggiatura è quella che si conviene ad occasioni di questo valore. Menù sofisticato, vini pregiati di annate speciali, la giusta dose di aristocrazia. Ma il copione è libero: impossibile imbrigliare in una serie di battute preordinate le conversazioni scaturite da menti geniali. Di qui a poco il brainstorming genererà un epocale disordine entropico, costellato di giochini matematici, sorsi di vino e generosi assaggi di fois gras.

E’ ora in scena la contaminazione fra fisica, teatro e haute cuisine.

Il tema è spinoso. La realtà che noi percepiamo continua, cioè osservabile ed esprimibile nelle sue mille sfaccettature e sfumature, permette solo osservazioni discrete, molto più rigide di quanto immaginiamo. E non dipende dalla precisione della strumentazione usata: si tratta di caratteristiche fisiche intrinseche. La nascita della fisica quantistica coincide con lo smarrimento delle certezze su cui si basava la fisica classica. La conoscenza incompleta della realtà, la mancanza di rassicurazioni del tipo che solamente la scienza esatta può fornire, scaturiscono nell’espressione dell’aristocratico Louis de Broglie: “La fisica quantistica non è rassicurante”.

Il rapporto fra onda e particella (fra fotone ed elettrone) è dualistico. La loro compresenza genera incertezza, espressa magistralmente dal principio di indeterminazione di Heisenberg: è fisicamente impossibile conoscere posizione e velocità. A questa interpretazione probabilistica della fisica si oppone strenuamente Einstein, che esplode nella sua famosa esclamazione: “Dio non gioca a dadi!”.

Giovane, scaltro, ambizioso, eccellente pianista, Werner Heisenberg. Uno che, per svagarsi, legge testi greci antichi: non so se mi spiego… Allievo di uno degli ospiti d’onore della cena, Niels Bohr. Supersportivo, snob, filosoficamente estremista, ossessivo, competitivo e danese: è sufficiente a rendere l’idea del personaggio Bohr?

L’altro suo allievo famoso, Wolfgang Pauli, è genio e sregolatezza, preda dei suoi vizi, della tendenza anarchica che domina la sua vita. Così distruttivo che la sua presenza in laboratorio può determinare il temuto ”effetto Pauli”, la demolizione neanche tanto accidentale di qualche apparecchiatura.

Ma a tenere banco non è solo l’appassionante storia della contrapposizione fra la modernità della scuola danese ed il pensiero classico di Einstein. Lo spettacolo si arricchisce dei tic delle menti brillanti convenute, delle loro strampalate e bizzarre abitudini. I personaggi sono davvero teatrali. Ed il meno appariscente è proprio quello che, in realtà, spera maggiormente di polarizzare l’attenzione. E’ il “lupo solitario” Albert Einstein, con il suo abbigliamento trascurato ad arte, l’ostentato (troppo per essere vero) disgusto per le apparenze prive di valore e la contemporanea eccessiva sensibilità al consenso del grande pubblico. Quando il clima si sopisce, eccolo che declama una delle sue “pillole di fisica” (Gabriella Greison ha un nobile precursore), arguti aneddoti espressivi del suo talento semplificatore in efficaci immagini (leggetevi del tennis e dell’indeterminazione quantistica e mi darete ragione).

E poi lei, la “grande scienziata”, la fascinosa Marie Curie, che in gioventù, aveva fatto perdere la testa a Langevin, facendogli abbandonare moglie e quattro figli.

Protagonista anche lei di questo spettacolo strano,  nel quale i presenti fanno a gara per salire sul palcoscenico, ma finiscono sempre, inesorabilmente con il parlare degli assenti. Quello che scatena più commenti è Erwin Schrödinger, l’oppositore dei ritrovi convenzionali, che conquista le donne con il fascino magnetico dei suoi pensieri. Del resto, uno che, per spiegare la quantizzazione dei fenomeni fisici, elabora un paradosso che ha per protagonista un gatto chiuso in una scatola, non può passare inosservato all’attento sguardo femminile…

Dell’altro illustre assente si parla meno. La storia di Paul Ehrenfest è triste e termina con il suicidio. Le implicazioni sentimentali della vita, a volte, vanno oltre le seppur infinite capacità di valutazione della scienza.

La convivialità della cena apre alle prospettive future. Il giovane italiano fresco di cattedra a Roma, Enrico Fermi, e la scuola di via Panisperna. Le ricerche sul nucleare e gli impieghi bellici della fissione. E l’allievo più famoso di Heisenberg, Ettore Majorana…

“Nessuno è più in errore di chi crede di essere in possesso della verità definitiva” – Albert Einstein.