I Big Data sono fondamentali oggi, ma gli Small Data esprimono il valore aggiunto del medico, della sua esperienza, del suo occhio clinico, della sua sensibilità professionale ed umana.

Big Data, marchio distintivo di ogni recente considerazione tecnologico-digitale, non significa solo dati in grandi quantità. L’espressione sottintende anche alla loro complessità, alle problematiche che ne rendono necessaria una gestione specifica.

Con questo concetto chiaro e preciso, Camilla Cauterucci, ingegnere biomedico sviluppatore in SoftJam, digital company italiana Gold Partner di Microsoft, apre l’incontro su dati, machine learning ed intelligenza artificiale nell’ambito del Forum dell’Innovazione per la Salute di Milano.

Camilla colpisce per la sua preparazione, la velocità tipica della sua giovane età e delle tematiche di cui si occupa e la sua progressione, che concede solo un rapido excursus agli aspetti più noiosamente teorici, per puntare dritta alle applicazioni pratiche, entusiasmanti nella loro dirompenza. Tipica Donna in STEM, figura cui il mio blog è affezionato e di cui ama raccontare le avventure nel mondo di scienza e tecnologia.

La salute digitale rappresenta la nuova frontiera del progresso in campo sanitario. Avvalendosi delle recenti scoperte della tecnologia digitale, conferisce alla sanità aspetti di flessibilità e personalizzazione che ne migliorano significativamente le performance. I numerosi dati clinici oggi disponibili rendono necessario un management sofisticato, che possa rispondere alle esigenze di affidabilità e precisione richieste in un settore di cui un insuccesso potrebbe significare la morte del paziente o gravi ricadute sul suo stato di salute.

Le informazioni provenienti dalle cartelle cliniche dei pazienti, dalle storie cliniche che i ricercatori hanno a loro disposizione possono oggi essere “apprese” da macchinari programmati per gestirle, attraverso un processo definito machine learning. L’elaborazione consente  di tracciare curve di “normalità”, che descrivono l’andamento fisiologico dei processi esaminati. Una volta che i macchinari sono stati programmati con tutte le informazione necessarie, sono capaci di rilevare eventuali anomalie nei dati di un nuovo paziente, attraverso l’analisi degli scostamenti dagli standard.

Grande è l’impatto di IoT in questo gioco complesso. I macchinari sono coinvolti in  un costante dialogo fra di loro, attraverso la rilevazione di segnali da sensori IoT-ready.

L’impiego dell’Intelligenza Artificiale in diagnostica è strategico. Ne abbiamo avuto dimostrazione anche attraverso il clamore mediatico suscitato dai successi in campo medico di Watson, il sistema di cognitive computing prodotto da IBM. Interrogato sul caso clinico di una donna giapponese affetta da una rara sindrome tumorale, Watson ha saputo formulare la diagnosi corretta, suggerendo la terapia più adeguata, dopo che gli specialisti umani si erano arresi.

Ma non crediate che si tratti di questioni facilmente approcciabili. La dottoressa Cauterucci fa più di un riferimento alla complessità degli algoritmi che è indispensabile implementare per gestire strumenti così sofisticati ed interagire con loro.

Grazie alla digitalizzazione crescente il VOLUME dei dati è in continuo aumento. Se, da un lato, questo costituisce un parametro che necessita di gestione, dall’altro è un intrinseco fattore di miglioramento progressivo della qualità dei software: più dati abbiamo, migliore è il software che ne risulta.

Il data management può essere garantito attraverso la connessione al cloud, nel quale vengono salvati, bypassando la necessità di computer dalla memoria improponibile. In particolare il cloud risulta indispensabile nella gestione delle informazioni provenienti dalle procedure di imaging biomedico, in cui la modalità 3D è in fase di piena espansione.

Il volume dei dati oggi utilizzati è trascurabile rispetto a quello complessivo: solo il 4% delle informazioni relative ai pazienti malati di tumore.

L’affinamento delle acquisizioni nella tecnologia digitale permette oggi performance sorprendenti. Sistemi sempre più caratterizzati da elevata VELOCITA’, che richiedono un’elaborazione soddisfacente gli stessi standard di qualità.

Dati eterogenei, provenienti dalle persone (i pazienti) e dalle malattie. Informazioni che costituiscono una VARIETA’ ricca ed articolata e che, pertanto, si candidano ad essere componenti di un traffico che supera la dimensione locale, per ambire a costituire un network quantomeno nazionale. I dati devono poter fluire liberamente fra le varie strutture sanitarie, step determinante per garantire che ci sia interoperabilità fra le stesse.

Alla base della circolazione dei dati l’elaborazione individuale, per ogni paziente, di un Fascicolo Sanitario Elettronico. Le strutture sanitarie presenti sul territorio stanno progressivamente soppiantando il concetto di cartella clinica (a valenza circoscritta alla singola struttura nella quale l’accertamento è stato effettuato, la diagnosi formulata o la terapia prescritta) con quello più moderno e up-to-date di un fascicolo che raccolga tutte le informazioni sanitarie del paziente, indipendentemente dal luogo da cui provengono. I vantaggi offerti dal Fascicolo vanno dalla completezza delle informazioni all’interoperabilità con le strutture cliniche. Imponenti le ripercussioni sul management delle patologie croniche e in tutti quei casi nei quali risulta determinante l’analisi dell’anamnesi per poter formulare una diagnosi corretta o impostare una terapia adeguata.

Poiché i risultati del processo di elaborazione dei dati hanno una ricaduta diretta sulla vita del paziente, è necessario che siano affidabili. Finora non ci sono stati incidenti che abbiano avuto una ricaduta sulla salute del paziente, nell’impiego delle procedure di salute digitale. Conseguenza dell’affidabilità della strumentazione, ma anche e soprattutto, della cautela con cui queste vengono seguite. La presenza dell’uomo non è mai considerata ridondante e non si parla di intercambiabilità fra uomo e macchina: nell’ottica della garanzia di VERICITY la macchina è un supporto all’attività clinica di diagnosi, cura e follow-up.

Dopo avere enunciato le quattro V della digital health Camilla parla dei suoi contesti di applicazione, che variano dall’ospedale (per i pazienti sottoposti a ricovero), alle strutture di Pronto Soccorso, alle singole abitazioni, da cui i pazienti possono monitorare i propri dati clinici attraverso la strumentazione digitale, che li invia in maniera automatica ad un medico. Il fenomeno del remote monitoring è particolarmente efficace nell’abbreviare i ricoveri (abbattendo i costi per la sanità pubblica) mantenendo il controllo sui parametri vitali del paziente e nel mantenimento di una qualità della vita soddisfacente per il malato ed i suoi famigliari. Le procedure di salute digitale permettono infatti la segnalazione automatica delle anomalie e quindi il soccorso in tempi rapidi del paziente, laddove necessario, e la conseguente riduzione delle cosiddette “morti evitabili”.

Nelle unità di terapia intensiva, nelle quali la strumentazione è affollata e il monitoraggio complesso, questo tipo di approccio risulta estremamente utile.

Ma la sanità non è solo Big. Ci sono degli aspetti che non è possibile gestire in grandi volumi, che richiedono intuito e attenzione al dettaglio. Tutto ciò che è Small Data afferisce al valore aggiunto del medico, della sua esperienza, del suo occhio clinico, della sua sensibilità professionale ed umana. Parametri che le macchine non possono (almeno per il momento) imparare, né improvvisare.