La malaria e il caso di malattia in Italia sono un’occasione (triste) per affrontare il tema delle infezioni ospedaliere.

E’ di questi giorni il tristissimo evento di una bambina morta per malaria autoctona in Italia. Dopo quasi 50 anni si è verificato nel nostro Paese un caso di malaria acquisita qui. In Italia la malaria è stata ufficialmente debellata nel 1970.

I rischi delle infezioni ospedaliere: leggi l’approfondimento.

 

COS’E’ LA MALARIA

L’agente eziologico della malaria è la zanzara anopheles. L’animale inocula il protozoo responsabile della malattia (il Plasmodium) pungendo l’uomo.

A seguito dal contagio compare la sintomatologia, che si manifesta con febbre alta caratterizzate da andamento ciclico. Esistono 4 tipi di plasmodio in grado di trasmettere la malaria all’uomo. Trovate informazioni a riguardo nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità.

 

LA MALARIA E’ TUTT’ALTRO CHE DEBELLATA

A livello globale questa patologia è lontana dall’essere debellata. Ogni anno di malaria si ammalano 500 milioni di persone nel mondo e ne muoiono oltre un milione.

L’immagine che ho scelto per accompagnare il post è quella di Bill Gates nel Ted sulla sensibilizzazione della malaria. La reazione suscitata all’atto della liberazione delle zanzare chiuse nel barattolo, la disse lunga sul pericolo connesso alle zanzare. In molti Paesi poveri basterebbe acquistare zanzariere per salvare dalla morte centinaia di migliaia di bambini.

 

IL CASO DI MALARIA IN ITALIA

Ma vediamo come si sono svolti i fatti, nella sequenza cronologica ricostruita.

Sofia, la bambina di 4 anni protagonista suo malgrado di questa dolorosa vicenda, quest’estate si trovava in vacanza in un campeggio di Bibione con la famiglia. Colpita da malessere, il 13 Agosto è stata portata in ospedale a Portogruaro (a poca distanza dal luogo di vacanza), dove ne è stato disposto il ricovero. Sulla base degli accertamenti clinici i medici hanno potuto emettere la diagnosi di diabete.

Ma le sue condizioni di febbre persistente ed elevata e malessere generale hanno reso necessario il ricovero presso una struttura più attrezzata, quella dell’Ospedale Santa Chiara di Trento. La piccola è stata qui dal 16 al 21 Agosto. Il suo è stato un continuo peggioramento, fino alla diagnosi di malaria.

 

LA MALARIA CEREBRALE

La compromissione delle funzioni cerebrali della bambina convince i medici a disporre il suo trasferimento al più specializzato centro degli Spedali Civili di Brescia. Qui, tuttavia, rimane poco da fare. Sofia muore per encefalopatia malarica, comunemente definita malaria cerebrale. L’ipotesi viene confermata dall’autopsia.

La malaria cerebrale è una condizione che subentra come complicanza pericolosa dell’infezione. Il paziente cade in uno stato di coma profondo. Il parassita causa la formazione di aggregati di globuli rossi. Nei piccoli vasi sanguigni del cervello, questi possono occludere il passaggio del sangue. La trombosi che si genera in questo modo è il fenomeno alla base della malaria cerebrale.

 

MALARIA: IL PERIODO DI INCUBAZIONE

A questo punto, per cercare di capire come siano andate le cose, vediamo quali sono le ipotesi e quali fra esse non  sono verosimili.

Sofia non è stata sottoposta ad alcuna trasfusione di sangue, quindi non sono state le sacche di sangue infetto ad aver causato il contagio.

In concomitanza con la permanenza della bambina, nel reparto di Pediatria dell’ospedale di Trento risultavano ricoverate anche due sorelline di 4 ed 11 anni provenienti dal Burkina Faso. Le due piccole erano affette da malaria (malattia da cui sono guarite).

Avevano acquisito la malattia nel Paese d’origine ma manifestato i sintomi al rientro in Italia. Una seconda ipotesi si è allora fatta strada. Ovvero che la zanzara responsabile fosse stata accidentalmente trasportata nei loro bagagli e, una volta liberata, abbia punto la bambina.

Si trattava di un’evenienza poco probabile (anche se non impossibile), in particolare perché il ciclo vitale delle zanzare dura pochi giorni. Anche quando rimangono intrappolate nei capi di abbigliamento indossati al momento del viaggio, muoiono prima di riuscire ad uscire dalle zone degli aeroporti. In ogni caso, nell’ospedale sono state, in quella fase, allestite trappole per la cattura della zanzara responsabile della trasmissione, ove fosse presente. Ma la ricerca ha dato esito negativo.

 

MALARIA: COME AVVIENE IL CONTAGIO

L’autopsia eseguita sulla piccola Sofia ha confermato in prima istanza che la sua malattia è stata originata dallo stesso agente eziologico delle sorelline africane, il Plasmodium falciparum. E’ stato successivamente individuato il ceppo, condizione propedeutica alla chiusura delle indagini.

La terza ipotesi partiva dal presupposto che, essendo il periodo di incubazione della malaria compreso fra 14 e 20 giorni, il contagio avrebbe potuto essersi realizzato anche prima del ricovero a Trento.

Per questo i campioni di sangue prelevati a Sofia durante il ricovero a Portogruaro sono stati sottoposti a test per la rilevazione del Plasmodium. Ma la ricerca ha dato esito negativo. La bambina non è stata contagiata prima di giungere all’ospedale di Trento, per esempio nel campeggio di Bibione.

L’eventualità che si fosse realizzata una congiuntura di quel tipo, ha aperto ad una serie di considerazioni e dubbi su come comportarsi in caso di soggiorno in luoghi con queste caratteristiche. Come proteggersi dal rischio malaria?

E ha aperto discussioni sulla presenza nel territorio italiano di esemplari di Anopheles in grado di trasmettere la malaria. Eventualità questa finora senza precedenti (almeno negli ultimi 50 anni).

 

MALARIA: LE INFEZIONI OSPEDALIERE

L’ultima (anche in ordine di tempo) è stata l’ipotesi più sconvolgente.

E se fosse stato un ago pungidito a veicolare la malattia da una delle sorelline ricoverate a Sofia? In questo caso l’ipotesi, gravissima (non c’è bisogno di sottolinearlo) sarebbe stata quella dell’omicidio colposo. Ipotesi di reato su cui la Procura di Trento ha indagato contro ignoti.

L’ago pungidito è un dispositivo viene utilizzato dalle persone che soffrono di diabete per la rilevazione dei valori della glicemia. Ma si usa anche per la diagnosi della malaria. In sostanza, a Sofia sarebbe stata misurata la glicemia con lo stesso ago (infetto) usato per diagnosticare la malaria ad una delle due bambine africane.

Questa raccapricciante eventualità pare essere confermata dai risultati degli studi dei periti nominati dal tribunale e degli ispettori dell’Istituto Superiore di Sanità. Che hanno evidenziato lo stesso ceppo di protozoo.

 

INFEZIONI OSPEDALIERE E PROCEDURE DI SICUREZZA

Questo ultimo quadro, sebbene sia quello che avremmo voluto escludere fin dall’inizio, sembra essere quello più vicino alla realtà dei fatti.

Sono state incrociate le evidenze delle procedure di esame con le dichiarazioni del personale dell’ospedale di Trento, attraverso le quali è stata ricostruita la dinamica degli avvenimenti. Ciò che ne è emerso è che la bambina sarebbe stata contagiata da un’infermiera. La donna non avrebbe sostituito i guanti dopo avere esaminato l’altra paziente affetta da malaria.

Questa storia drammatica ha scatenato prese di posizione, molte delle quali rispondenti ad un forte bisogno di individuare colpevoli, altre orientate alle solite, penose strumentalizzazioni.

In realtà, a mio parere, le uniche considerazioni in cui vale la pena di indugiare (indipendentemente dalla modalità di contagio e dalla singolarità del caso) sono quelle portate alla ribalta dalla vicenda. Quelle riguardanti l’ambivalenza degli ospedali:

  • da un lato luoghi di cura all’interno dei quali i pazienti possono sentirsi al sicuro
  • dall’altro ricettacoli involontari ma strutturali di microorganismi sempre più spesso letali.

Basti pensare alle infezioni ospedaliere, la complicanza più frequente e grave dell’assistenza sanitaria. Ogni anno in Italia si verificano dai 450 ai 700 casi di infezioni contratte in ospedale, di cui il 30% potenzialmente prevenibili. Nell’1% dei casi sono direttamente causa di morte.

Ecco allora sorgere la necessità di sottolineare, instancabilmente (da parte mia che scrivo, ma anche da parte vostra che leggete) l’importanza di:

  • informare per migliorare la consapevolezza dei cittadini
  • formare per limitare il rischio che il personale sanitario incappi in errore
  • rispettare le procedure negli ambienti di cura.

In ultimo, una volta di più abbiamo la conferma del fatto che la globalizzazione svuota di significato le eradicazioni regionali e impone iniziative mondiali.

 

Photo credits: https://www.ted.com/talks/bill_gates

(Post aggiornato il 22 maggio 2018)