Le cellule staminali sono una risorsa preziosa per la terapia di molte malattie, ma la maggiorparte delle loro potenzialità è ancora inespressa.
Una decina di giorni fa il popolare giornalista canadese Andrè Picard ha firmato uno dei suoi avvincenti articoli per The Globe and the Mail. Argomento: le cellule staminali, un successo della ricerca del suo Paese. Nel 1961 il biofisico James Till ed il biologo cellulare Ernest McCulloch dimostrarono (seppure in maniera ancora incompleta) l’esistenza di gruppi di cellule indifferenziate, trapiantabili e capaci di rinnovarsi e differenziarsi, per assumere le caratteristiche di qualsiasi cellula del corpo. Il clamore suscitato nell’immediato dalla notizia non fu adeguato alla risonanza che, negli anni a venire, avrebbe avuto per le sue ripercussioni sulla scienza medica. E il meglio, a sentire gli esperti del settore, deve ancora venire. Si stima che il mercato delle cellule staminali toccherà un valore pari a 49 miliardi di dollari nel 2021.
Cosa sono le cellule staminali? Sono le cellule che (ri)generano tutti i nostri tessuti ed organi. Le cellule staminali si possono sommariamente suddividere in due grandi categorie. Le embrionali, presenti nell’embrione, possono differenziare in qualsiasi cellula (sono, cioè, le più potenti), moltiplicandosi in maniera relativamente veloce. Le adulte hanno possibilità di sviluppo più limitate e sono più lente nella replicazione. L’embrione si origina a partire da un’unica cellula capostipite, la cellula staminale totipotente, la “regina” delle staminali, che può scegliere di differenziare in qualsiasi cellula del corpo. Esempi di cellule staminali adulte, invece, sono le emopoietiche, presenti nel midollo osseo e che danno origine a tutte le cellule del sangue (i globuli rossi, tutte i tipi di globuli bianchi e le piastrine). Le neurali (altro esempio) differenziano nelle tre linee cellulari principali del sistema nervoso: gli astrociti, gli oligodendrociti (con funzioni di supporto, di nutrimento) ed i neuroni.
Da cosa dipende il tipo di differenziazione? Dall’ambiente con cui vengono a contatto, dagli stimoli cui vengono esposte. L’organismo produce i fattori di crescita, proteine diverse da tessuto a tessuto, che promuovono la specializzazione delle staminali in uno o in un altro tipo di cellula adulta. Il Nerve Growth Factor, fattore di crescita la cui scoperta è valsa il Premio Nobel a Rita Levi Montalcini, stimola la proliferazione e la differenziazione delle staminali neurali a neuroni. Queste conoscenze possono essere utilizzate in laboratorio per crescere colture di staminali.
Quali sono gli impieghi delle cellule staminali in clinica? L’utilizzo più diffuso, che è anche stato il primo nella storia, è quello del trapianto di midollo osseo per il trattamento dei tumori del sangue (leucemie e linfomi). Per dirla più precisamente si tratta del trapianto delle cellule staminali emopoietiche contenute nel sangue midollare.
Le stesse attualmente possono essere usate per la terapia di una malattia genetica rara associata ad un deficit enzimatico, la ADA-SCID, di cui abbiamo parlato a proposito di Strimvelis. Le cellule staminali vengono prelevate dal paziente e riprogrammate inserendovi il gene sano (terapia genica). Successivamente vengono reinfuse nel paziente.
Le funzioni di riparo delle staminali vengono sfruttate per il trattamento delle ustioni estese.
In laboratorio le staminali vengono usate come modello sperimentale per testare nuovi farmaci e per studiare i meccanismi con cui si sviluppano le malattie che implicano anomalie nella replicazione cellulare, come i tumori.
Quali sono le potenzialità dell’utilizzo delle cellule staminali? Le possibilità future nell’utilizzo in clinica della terapia cellulare sono senza dubbio molto più numerose e sostanziose rispetto a quelle attuali, estremamente limitate. Molte speranze derivano dall’impiego nel trattamento dei danni al sistema nervoso centrale, sia legato ad episodi traumatici (incidenti stradali, ad esempio) sia a patologie (Morbo di Parkinson, Alzheimer, Sclerosi Multipla). La capacità rigenerativa delle staminali è ciò che serve in un tessuto che, da adulto, (apparentemente) per definizione perde le proprie capacità di rinnovamento e risulta essere, pertanto, più sensibile agli stimoli patogeni.
Esistono potenziali opportunità anche in cardiologia, nella terapia post-infarto, nel recupero delle cellule miocardiche andate distrutte durante l’episodio ischemico e nelle fasi immediatamente successive.
Numerosi studi considerano la terapia cellulare nel trattamento del diabete di tipo 1: l’infusione di cellule staminali in grado di specializzarsi nella produzione dell’insulina .
Una delle possibili applicazioni future che riscuote maggiore interesse è quella di produrre interi organi, in laboratorio, a partire da poche cellule staminali. Questo consentirebbe di bypassare due dei problemi principali legati ai trapianti. Verrebbe meno la necessità di somministrazione di una terapia immunosoppressiva, che riduce il rischio di rigetto, perché verrebbero usate cellule dello stesso paziente. E si annullerebbero i tempi di attesa, ancora oggi frustrante step limitante nella trapiantologia.
Come si producono le cellule staminali? Le staminali vengono estratte dai tessuti del paziente e coltivate per aumentarne il numero. La terapia cellulare, infatti, sfrutta la naturale capacità dell’organismo di rinnovarsi, amplificandola. La coltura delle staminali adulte richiede molto tempo, perché (come dicevamo poco fa) si tratta di cellule meno veloci e potenti rispetto alle embrionali. Queste offrono molti più vantaggi. Ma la loro coltura è vietata dalla legge in Italia, per motivi etici: derivano, infatti, da embrioni in soprannumero provenienti dai trattamenti di procreazione assistita, che successivamente andrebbero scartati.
E’ possibile reingegnerizzare le staminali adulte per fare loro ripercorrere a ritroso il percorso di differenziazione ed ottenere cellule un po’ meno specializzate. Si producono in tal modo le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs),molto simili ma non proprio identiche alle embrionali. Oppure riprogrammare cellule del corpo per “convincerle” a diventare altre cellule, senza passare attraverso le iPSCs: fornirle informazioni tali da convincere una cellula della pelle a trasformarsi in un neurone.
Esistono rischi connessi alla terapia cellulare? I pericoli nascono dalle incognite riguardo il lungo periodo: la scienza non è ancora riuscita a fare chiarezza su ciò che può succedere a distanza di anni dalla somministrazione. Proprio perché si tratta di cellule in fase di attiva replicazione, in rinnovamento continuo, l’utilizzo delle staminali espone al rischio di sviluppare un tumore. Il tumore deriva, infatti, dalla moltiplicazione incontrollata delle cellule. Esistono, inoltre, rischi di reazioni immunitarie.
I rischi per la salute e l’esistenza di interrogativi bioetici che non hanno ancora trovato risposta rallentano lo sviluppo della ricerca nel settore della terapia cellulare, destinato tuttavia a crearsi lo spazio che gli spetta.
(Photo credit: pennstatenews via Visualhunt.com / CC BY-NC-ND)
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