L’evento “Eccellenze nella Ricerca” voluto da Gruppo Mondadori nell’ambito della manifestazione “Panorama d’Italia” e ospitato dall’Università Vita e Salute dell’Ospedale San Raffaele di Milano, ha fornito l’occasione per affrontare un tema paradigmatico per questo istituto.
Il professor Giancarlo Comi è un’indiscussa autorità mondiale nel campo della Sclerosi Multipla (SM), una delle eccellenze assolute della ricerca che l’Italia può vantare a livello internazionale.
Direttore del Dipartimento di Neurologia, Direttore Scientifico del Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale San Raffaele di Milano (che ha compiuto 31 anni quest’anno), co-chairman di Progressive MS Alliance (PMSA), partnership internazionale che ha lo scopo di accelerare la ricerca sulla terapia della forma progressiva della patologia.
E’ un pioniere nel trattamento di questa malattia. Ha partecipato allo sviluppo delle più importanti terapie oggi in uso: il copolimero1 (chiamato anche copaxone o glatiramer acetato) è stato progettato e sviluppato qui, al San Raffaele, dalla sua équipe e ora viene assunto da più di un milione di persone al mondo.
Primo italiano ad essere insignito, nel 2015, del Charcot Award, premio prestigiosissimo assegnato per meriti nella ricerca sulla SM.
Ha anche mostrato vision promuovendo il trattamento precoce come strategia fondamentale, la cui centralità è il focus di questo post. Con lui questa mattina il suo braccio destro, il dottor Vittorio Martinelli, responsabile dell’Unità di Neurologia.
Sono rimasta molto colpita nel leggere della pubblicazione a fine Gennaio 2016 su Neurology di un articolo che evidenziava l’elevata frequenza di errori nella diagnosi di MS ed i conseguenti rischi. Questo aspetto non è secondario, rientra fra le sue caratteristiche peculiari.
Infatti la SM è una patologia infiammatoria demielinizzante:
- del Sistema Nervoso Centrale (SNC, cioè encefalo e midollo spinale)
- disseminata nello spazio: l’infiammazione della membrana che riveste i nervi (mielina) ne causa la distruzione; le cicatrici (placche) sono distribuite in tutto il SNC
- disseminata nel tempo: procede ad attacchi, ondate
- difficile da diagnosticare.
Per accertare che il paziente soffra veramente di MS è necessario dimostrare che tutte queste caratteristiche (a parte l’ultima, ovviamente) siano contemporaneamente vere. Lo si fa attraverso procedure diagnostiche di vario tipo:
- Risonanza Magnetica dell’encefalo e del midollo spinale: evidenzia le placche
- Potenziali Evocati: permettono la valutazione della risposta del Sistema Nervoso agli stimoli
- Analisi del liquor cefalorachidiano (il fluido trasparente che circonda cervello e midollo spinale): utile soprattutto per la diagnosi differenziale, cioè per stabilire se si tratti di altre malattie che con SM condividono alcuni sintomi (sarcoidosi, vasculiti cerebrali, neuromielite ottica, tumori).
Nessuno degli accertamenti è di per sé esaustivo delle informazioni necessarie per porre la diagnosi. Anche le placche non sono un segno certo di SM, perché possono rappresentare esiti di altre patologie. La difficoltà principale, infatti, consiste non tanto nell’interpretazione dei singoli esami, ma nel mettere insieme tutte le informazioni da essi prodotte. Per facilitare questa operazione nel 2010 sono state definite delle Linee Guida che individuano criteri diagnostici specifici, i quali hanno il vantaggio principale di velocizzare la formulazione di una risposta chiara e, quindi, l’istituzione della terapia.
Da questo punto di vista in Italia non corriamo rischi, dal momento che il nostro, con il Canada, è l’unico Paese al mondo ad avere una rete di centri specializzati nella diagnosi di SM.
Precocità e personalizzazione sono i due fondamenti della procedura diagnostica della Sclerosi Multipla.
Perché precocità?
Perché in questo modo si evita che l’infiammazione arrivi al punto di causare le cicatrici, che sono danni permanenti. Laddove la mielina è stata erosa la conduzione del segnale nervoso è rallentata e, nel lungo periodo, il nervo stesso entra in sofferenza.
La somministrazione di immunomodulatori in questa fase riequilibra la risposta del sistema immunitario, riducendo la possibilità che si formino le temibili cicatrici. Si tratta di farmaci che garantiscono ottimi risultati, documentati da tutti gli studi clinici.
Perché personalizzazione?
Anche in funzione dei fattori prognostici emersi nella fase di diagnosi viene istituita la terapia. Gli immunomodulatori e tutti gli altri farmaci impiegati costituiscono un pool di molecole fra le quali il neurologo sceglie la/le più corrette sulla base delle esigenze del paziente.