Quarantacinque anni dopo la firma da parte di Richard Nixon del “National Cancer Act“, il Vaticano riunisce in un Sinodo internazionale i maggiori esperti mondiali di cellule staminali.
La legge federale degli Stati Uniti con cui il Presidente intensificava gli sforzi della Nazione nella battaglia contro i tumori, fu siglata in un momento che, se esaminato dal punto di vista storico appare lontano, da quello scientifico è percepito completamente disgiunto.
Il Convegno “Cellular Horizons” si propone di spiegare come scienza, tecnologia, informazione e comunicazione cambieranno la società. E lo fa agendo su due fronti: quello strettamente tecnico e quello profondamente umano dei malati che raccontano la loro significativa esperienza. Come dire: il Vaticano è presente, appoggia il progresso e, conferendogli la veste di adempimento ad una missione “religiosa”, lo avvicina alla dimensione teologica. E’ capace di parlare di malattia seguendo modalità scientificamente corrette formulate in un linguaggio emotivamente intelleggibile.
L’importante segnale di apertura della Chiesa cattolica nei confronti del progresso della ricerca, arriva in una fase di grande fermento bioingegneristico, nei confronti del quale le timide risorse terapeutiche a disposizione della medicina negli anni Settanta figurano come baionette spuntate.
L’intelligente mossa strategica dei più alti livelli del Clero è l’espressione di una volontà non tanto di adeguamento, né di partecipazione ai cambiamenti della realtà mondiale, ma più ancora di mostrare comprensione e apprezzamento per le prospettive future e le loro conseguenze positive sul benessere dell’uomo. La Chiesa vuole prendere parte a pieno titolo a questa fase profondamente rivoluzionaria, anziché rischiarne l’esclusione ed il confinamento nell’arretratezza del neo-oscurantismo.