Mi sono piaciute molto le parole di Roberto Cingolani, oggi Chief Scientific Officer di Leonardo, una vita nella tecnologia di raffinatissimo livello all’Istituto Italiano di Tecnologia. Parlando delle soluzioni che l’innovazione sarà in grado di produrre nel prossimo futuro, ha espresso la sua visione ottimistica in proposito.

Del resto, come dargli torto, sapendo che avremo a disposizione macchine capaci di compiere azioni complesse e pericolose per l’uomo. Che i robot interverranno nelle fasi produttive dei processi industriali. Ma, ancor di più, farmaci progettati sul paziente come vestiti su misura?

Farmaci innovativi: niente miracoli, ma efficacia

BIOTECH WEEK: UN NUOVO STATE OF MIND

Questa lettura è giunta su di me mentre stavo compiendo qualche riflessione a proposito della Biotech Week appena terminata. Proprio così, volevo distrarmi ma niente, era destino che ne incappassi…
Il motivo dell’interpretazione che affido a questa coincidenza è quello che mi accingo a spiegare. Nell’intervista rilasciata a Repubblica Cingolani ha anche ricordato come tutti questi risultati non siano immediati, gratuiti e garantiti. Soprattutto, non è detto che siano garantiti a tutti.

Potremmo anche ottenere un’intensificazione delle disuguaglianze sociali come esito di processi di innovazione molto spinta.

Oppure potremmo ottenere risultati eccezionali.

Cosa può fare la differenza? Il fatto che riusciamo o meno a dare vita ad un nuovo Umanesimo, una nuova mentalità.
Finora abbiamo chiesto tutto alle macchine. Abbiamo preteso che ci assicurassero prestazioni sempre maggiori, che assecondassero ogni nostra necessità.
Abbiamo costruito un universo industriale complesso, articolato, potentissimo, capace di girare a velocità supersoniche. Un mondo, a dire il vero, molto poco a somiglianza dell’uomo.
Da ora in poi tutto questo costrutto potrà continuare a funzionare solo a condizioni ben precise. Che poi è già così da un po’, siamo noi che non ce ne siamo accorti o abbiamo solo finto di non capire.
Il mondo in cui l’innovazione è il principio ispiratore potrà essere ancora nostro se sapremo fare di nuovo nostri ideali perduti, valori dimenticati. Se saremo capaci di abbracciare un nuovo stile di vita.

INNOVAZIONE: LE RIFLESSIONI RICHIEDONO TEMPO

Ce lo sta chiedendo l’ambiente (al di là dei controproducenti catastrofismi da copertina), ce lo stanno chiedendo i nostri figli. I nostri giovani, ormai giunti a livelli di insofferenza impossibili da trascurare ulteriormente.
Sta prendendo inevitabilmente piede una nuova consapevolezza che, come tutte le ondate di cambiamento, è inarrestabile. Personalmente ho fiducia nel prossimo futuro, credo possa portarci solo un contributo positivo. È più forte di noi, sapevamo di averne bisogno, ma non siamo riusciti a mettere in atto un processo di evoluzione spontaneamente. Presi come eravamo da una realtà troppo frenetica, non siamo riusciti a liberare lo spazio necessario a riflettere.
Non sto parlando di buonismo, perché questo abbonda, trasuda dai social media e dalle pagine dei giornali. Basta aprire Twitter per rendersi conto di quanto il mondo corra il rischio di attestarsi su standard che non concedono replica né discordanze di opinione. In spregio al sacro concetto dell’eterogeneità culturale oggi vessillo di molti e per la Scienza vessillo di sempre.
Ma, proprio perché la realtà non è quella, semplice e facilmente intellegibile che crediamo, serve tempo.
I fattori di cui tenere conto sono molto più complessi e sfaccettati, chiunque si occupi di Scienza e Tecnologia non può non saperlo.
I ragionamenti sono spesso tortuosi, le riflessioni dolorose, faticose e talvolta frustranti.
Ma passare attraverso il disordine per arrivare all’ordine e l’unica maniera che conosciamo per capirci qualcosa cosa di più. Per arrivare a conclusioni nuove, autentiche, vissute e condivise. In poche parole: alla vera soluzione dei problemi dell’uomo.

 

BIOTECH WEEK E COSA MI HA INSEGNATO: DOBBIAMO RECUPERARE L’ANIMA

La velocità è fascinosa, lo so, ma non appartiene alla biologia, che segue paradigmi di inerzia.
Torneremo a concederci il tempo di pensare?
Abbiamo finalmente capito che ne abbiamo bisogno?
Questi ultimi anni ci sono serviti e di essi non dobbiamo buttare via nulla. L’innovazione ha fatto passi da gigante e ci ha portati dove mai avremmo pensato di arrivare in tempi così brevi. Ma l’ho capito nel corso di questa Biotech Week: abbiamo lasciato indietro pezzi importanti. La nostra anima si è persa per strada e ora dobbiamo recuperarla.

 

RECUPERARE IDEALI E VALORI

Mi sono resa conto di tutto questo, che naturalmente è solo un mio modo di leggere la realtà, alla recente European Biotech Week. Dal 23 al 29 settembre ho girato come una trottola, saltando da un evento all’altro. Non mi volevo perdere nulla, presa com’ero dalla consueta curiosità di chi si nutre di Scienza. Non una parola profferita da uno dei guru delle biotecnologie doveva sfuggirmi.
Ho avuto la netta sensazione di muovermi in un’atmosfera diversa rispetto agli anni scorsi.
Ho respirato un’aria nuova.
Ho visto un mondo, quello della Scienza ma anche quello dei cittadini, della gente comune, stanco di rincorrere ideali che non gli appartengono. Desideroso di ripristinare un ordine che sia veramente umano.

 

LA NUOVA INNOVAZIONE

Ho visto la nuova innovazione, fatta di aziende piccole, flessibili. Realtà dinamiche, pronte a lavorare in network e in grado di personalizzare davvero il servizio che rendono alla società. Capaci di produrre farmaci per i bisogni che penalizzano veramente le persone. E di preoccuparsi della loro sostenibilità, dell’estensione dell’accesso alle cure.
Una realtà attenta agli unmet needs, che propone meno visioni fantascientifiche, stupefacenti, fantasmagoriche è più prospettive solide. Che parla chiaro, mettendo da subito i chiaro i rischi e che non insegue unicorni, ma segue gli uomini. Che accetta i limiti dell’essere umano e cerca di migliorarli.
Meno entusiasmo, lo so, ma i piedi meglio poggiati per terra, la mente protesa verso i bisogni veri dell’uomo. Ho visto un mondo scientifico che finalmente ha ricordato di essere fatto di persone, che hanno bisogno le une delle altre.