Ritengo sia un luogo comune pensare che le donne, tutte le donne, si occupino più dei loro cari che di se stesse. Non sono, non siamo tutte uguali e non è certo per una questione di egoismo, ma spesso di contesto.

Tuttavia, credo sia vero che siamo più inclini a farlo, a uscire da noi stesse per proiettarci verso l’altro. Nel bene e nel male, quando questo è un gesto virtuoso e quando è inutile per non dire dannoso.

Il dato di fatto nella salute femminile, e in generale nella medicina di genere, è che le donne si occupano della propria meno di quanto dovrebbero per sfruttare al massimo gli strumenti che il presente, l’innovazione e gli avanzamenti della scienza ci  offrono.

Prevenzione, diagnosi precoce, terapie mirate: oggi ne sappiamo significativamente di più rispetto solo a qualche decennio fa, disponiamo di molti più strumenti e siamo chiamate ad un senso di responsabilità che non ha precedenti nel passato.

Dobbiamo, possiamo direi meglio, fare tesoro di tutte le informazioni che i media ci offrono, selezionando accuratamente le fonti a cui ci approvvigioniamo e facendo attenzione ad operare scelte consapevoli e mature.

La nostra salute è (in gran parte) nelle nostre mani: anche questo è empowerment femminile.