Il diritto alla salute dipende dal corretto allocamento delle risorse in Sanità, che deve essere ispirata da principi di uguaglianza. 

Il tema dell’allocazione delle risorse in Sanità ci fa subito pensare agli investimenti economici.

E ad aspetti in tal senso provocatori. Come quello con cui il professor Andrea Rossetti (docente di Filosofia del Diritto e Informatica Giuridica, Università Milano-Bicocca) ha aperto la tavola rotonda Salute, Giustizia e Allocazione della Risorse.

L’evento si è svolto in ottobre presso la stessa Università, in occasione del World Bioethics Day.

E’ giusto investire principalmente in ricerca di base, come suggerisce la nostra tradizione culturale? O è più opportuno privilegiare quella applicata, più diretta verso il trasferimento tecnologico e quindi più fruibile per il paziente?

E ancora, le risorse investibili in Sanità sono solo di tipo economico?

 

DIRITTO ALLA SALUTE: LE RISORSE SONO DAVVERO SOLO ECONOMICHE?

A questo proposito, conviene partire con in testa ben chiaro il concetto di risorsa.

La professoressa Lorena Forni, docente di Filosofia del Diritto nello stesso ateneo, la definisce come

tutto ciò che vale la pena, che genera un vantaggio, non in astratto, ma contestualizzato nella situazione puntuale che ci si trova a vivere

Osservando la situazione da questa nuova, più ampia prospettiva, scopriamo che anche il tempo può essere una risorsa. Gli extra-mesi (o anni) di vita concessi dalla somministrazione di un farmaco innovativo, non sono forse una risorsa per il paziente oncologico?

E non è questo l’unico strumento intensificatore di empowerment per il malato.

L’ informazione gioca un ruolo altrettanto fondamentale. Il fatto che il paziente sia sempre più parte attiva nel processo di diagnosi e cura, rende l’informazione un’ulteriore risorsa. Uno strumento che aumenta le sue possibilità di gestione consapevole della malattia.

 

GARANTIRE IL DIRITTO ALLA SALUTE?

Oggi, la situazione della Sanità in Italia attraversa un periodo apparentemente non felice. Uso questo avverbio perché, nonostante la situazione di crisi ancora non risolta, continuiamo a disporre di un servizio sanitario nazionale universalistico.

L’unico in Europa, grazie al quale l’ accesso alle cure è alla portata di tutti. Come sottolinea la Senatrice Emilia De Biasi, Presidente della Commissione Igiene e Sanità in Senato.

Tuttavia, i fattori che minano l’integrità di questo straordinario esempio di equità esistono e sono principalmente legati alla disuniformità delle prestazioni offerte nelle singole Regioni. Fenomeno, questo, che ostacola il diritto alla salute, il principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla Sanità.

Leggi di come la disomogeneità nel territorio freni la cura delle malattie.

 

DIRITTO ALLA SALUTE E MEDICINA DIFENSIVA

Ma affrontiamo anche il tema degli sprechi in Sanità.

Per parlarne, per citare i casi più specifici e le circostanze più globali, servirebbero non articoli, ma enciclopedie. Dai macchinari costosissimi e super sofisticati lasciati inutilizzati (fino alla loro obsolescenza) alla corruzione.

Una riflessione particolare è dedicata alla Medicina Difensiva. Essa è definita come quella serie di pratiche diagnostiche e terapeutiche prescritte dal medico non allo scopo di apportare beneficio alle condizioni di salute del paziente. Ma per evitare di incorrere in una responsabilità giuridica. Intuitivamente, per il suo conflitto con la medicina basata sulle prove scientifiche, e non sull’emotività o sulla paura, sembrerebbe rappresentare uno spreco certo.

Tuttavia la professoressa Francesca Poggi, docente di Filosofia del Diritto all’Università degli Studi di Milano, spiega come non sia esattamente così. A causa delle difficoltà nella sua effettiva configurazione, è veramente difficile quantificare i suoi effetti sulla spesa sanitaria. E, di riflesso, sul diritto alla salute.

Come la Medicina Difensiva spinge i medici al burn out?

 

IL PARADIGMA EPATITE C

Lo Stato si oppone alla discriminazione economica in tema di Salute e fa riferimento ai principi di cui è portatore, quelli che hanno ispirato la costituzione del nostro Servizio Sanitario.

Uno degli ultimi e più eclatanti esempi è rappresentato dal farmaco per epatite C. Costi elevatissimi (siamo partiti da un massimo iniziale di 60-70.000 euro per paziente) e una sorprendente efficacia (vicina al 100% dei successi). La dispensazione del sofosbuvir è stata garantita fin da subito ai pazienti più bisognosi, quelli in condizioni più critiche.

Successivamente, contestualmente alla riduzione dei prezzi, è stato elaborato da AIFA uno schema di ampliamento dell’offerta gratuita. Schema che porterà, progressivamente, alla guarigione di tutti i pazienti ed all’eradicazione completa del virus. Secondo il principio costituzionale che garantisce il diritto alla salute.

Se ai cittadini deve essere assicurata pari dignità nell’ accesso alla salute, questo principio non può che incidere sull’ allocazione delle risorse in Sanità.

Ma il nostro modello redistributivo è oggi in crisi a causa della sostenibilità economica del Servizio Sanitario

come ben sintetizza Alessandra Pioggia, Ordinaria di Diritto Amministrativo all’Università di Perugia.

 

DIRITTO ALLA SALUTE E INNOVAZIONE SOSTENIBILE

La sostenibilità è un parametro oggettivo, non solo per i costi astronomici legati all’innovazione, ma anche per le stesse conquiste strutturali della Sanità.

Andiamo verso l’obiettivo “cronicizzazione”. Questo significa che molti tipi di tumore oggi incurabili diventeranno progressivamente sempre più compatibili con la vita, trasformandosi in malattie croniche. Ma anche questo comporta nuovi, ingenti costi, che possono minare il diritto alla salute.

Quando scrivo di diseguaglianze dei cittadini di fronte alla legge, molti lettori commentano raccontando le loro disavventure da “pendolari” della salute. Fra di loro c’è un certo numero di persone costrette a fare la spola, per curarsi, fra la Regione del Sud nella quale vivono e le grandi città del Nord.

Questo è un esempio paradigmatico. Ma non l’unico. Il divieto vigente in Italia spinge coloro che vorrebbero sottoporsi alla fecondazione eterologa al turismo sanitario verso i Paesi che, al contrario, la permettono. Questo, ricordato dalla dottoressa Irene Pellizzone, ricercatrice in gender justice all’Università degli Studi di Milano, è un caso diverso. Ma pur sempre conflittuale con il diritto alla salute.

Certamente

sia essa di base o applicata, l’aumento dei fondi destinati alla ricerca potrebbe solo fare bene alla Sanità.

Come fa notare Luca Carra, direttore di Scienzainrete, ogni anno vengono investiti in Italia 3 miliardi in ricerca biomedica e sanitaria. Che perdono quasi di significato se paragonati ai 125 miliardi allocati nello stesso settore negli USA.

 

(Post aggiornato il 12 febbraio 2018)