La rivoluzione digitale ha finalmente raggiunto la sanità. I progetti in via di realizzazione sono numerosi e molte iniziative sono già state implementate. Certo, in Italia non siamo velocissimi nell'assecondare il cambiamento: ci serve tempo per capire. Molto tempo. Poi, sempre osservando tutto con molta circospezione, abbiamo bisogno di osservare gli effetti che il cambiamento ha prodotto su altri sistemi, in maniera da poter avere un riferimento e puntare su strade già battute, e con successo. Dati statistici, insomma: qualcosa che giustifichi investimenti onerosi.
Dopo di questo, scopriamo magari che non ci sono soldi per fare fronte alle onerose spese dell'innovazione. Altre questioni, più urgenti della digitalizzazione, stanno ancora cercando le coperture. E, come dire, è necessario rispettare le gerarchie. Per giunta, siamo proprio sicuri di avere un background adeguato? Non possiamo accedere a modernizzazioni così spinte quando ancora le nostre infrastrutture di base sono inchiodate all'analogico. 

Solitamente questa è la fase della riflessione cosmica in corrispondenza della quale cominciamo a ridimensionarci.

Digitalizzazione?! Che parolona: non esageriamo. Magari potremmo migliorare i progetti già partiti (tradotto, significa farli partire!), dare attuazione alle decisioni già prese.
E così il tempo scorre, i giorni si susseguono e continua ad imperare la politica della speculazione filosofica su cosa è più giusto fare. Un giorno ci renderemo finalmente conto che disquisire appassionatamente sulle scelte da intraprendere non ha la stessa valenza sociale e politica del metterle in atto. E che spesso le astrazioni esasperate conducono fuori strada.
E' vero (e WELLNESS4GOOD lo ripete spesso) che l'equilibrio è l'atteggiamento più saggio e che le scelte devono essere ponderate. E' altrettanto incontrovertibile che l'atteggiamento cauto degli italiani nei confronti delle novità ci ha salvati da entusiasmi arditi ed effimeri, che altrove hanno causato conseguenze disastrose. Del resto, l'impresa che vuole esporsi finanziariamente per affrontare un investimento importante, prima di decidere valuta il bene che intende acquisire, prepara un business plan. Ma sa che anche i tempi di decisione sono funzionali al successo dell'investimento.
Come dobbiamo necessariamente saperlo noi, ora.
La Digital Health è un'opportunità che non possiamo lasciarci sfuggire, per tante ragioni.
Primo, perché non ha senso remare contro una corrente così forte: ti travolge.
Secondo, perché esistono degli aspetti davvero apprezzabili nella digitalizzazione della salute, in particolare per quanto riguarda la telemedicina ed il remote monitoring, cioè il sistema grazie al quale il paziente può curarsi a domicilio, supervisionato dal medico. Al di là degli indiscutibili vantaggi derivanti dal sostegno di una tecnologia supermoderna (pensate solo alla gestione dei dati genetici per la medicina di precisione) l'aspetto centrale della questione, dal punto di vista più strettamente umano, è quello della centralità del paziente.
Il malato acquisisce il potere della sua responsabilità nella terapia, comprende il valore della sua partecipazione. Questo è utile in senso più generale per responsabilizzare colui che non è un semplice inghiottitore di farmaci, passivo e inattivo, ma un soggetto dal quale il successo terapeutico dipende in maniera significativa.

A suo tempo, quando abbiamo affrontato la questione degli wearables, abbiamo tessuto le lodi dei dispositivi dalle incredibili risorse: indossabili, mobili, attivi ovunque, utilizzabili anche da vestiti. Nonostante il grande valore tecnologico, è necessario che il paziente acquisisca coscienza del proprio ruolo, che capisca che se non gli è chiaro il suo stato di salute, se non ha un'idea della procedura di funzionamento della diavoleria, se non si sente coinvolto su tutta la linea in prima persona, tutto questo sproposito di digitalizzazione è completamente inutile. 

L'engagement del paziente è il fulcro attorno al quale ruota tutto il programma terapeutico,

E' fondamentale che il soggetto conosca la sua patologia, che sia consapevole dei suoi rischi e delle sue conseguenze, che sappia osservare il decorso, apprezzare i miglioramenti del suo stato di salute o, viceversa, attivarsi in caso di peggioramento.

E' chiaro che la presenza del medico continua ad essere un riferimento insostituibile, presente dietro ognuna di queste fasi e pronto comunque all'intervento laddove ce ne fosse la necessità. Parlo di uno strumento aggiuntivo, non sostitutivo.

E non nascondo la mia perplessità nei confronti dei punti deboli di questa rivoluzione: primo fra tutti la tutela della sicurezza del paziente. E' necessario un minimo di dimestichezza con i dispositivi elettronici per poter accedere a questo tipo di metodiche. Riusciranno, inoltre, anche i pazienti meno avvezzi a capire quando è il momento di rivolgersi al medico perchè il monitoraggio a distanza segnala un possibile rischio?

Il pericolo è che si riveli un'arma a doppio taglio.se il paziente non è sufficientemente coinvolto, c'è la seria probabilità che diagnostica e terapia non raggiungano l'obiettivo. Per questo insisto molto sull'engagement, termine inglese che non cito per esterofilia, ma per la semplice ragione che non ha un omologo equivalente in italiano. E' più del semplice coinvolgimento, meno dell'identificazione. 

E' solo lavorando su questo, con pazienza e metodo, che è possibile elaborare soluzioni ottimali per la progettazione dei protocolli.

Il mio entusiasmo per la prospettiva digitale nella medicina è sostenuto, l'avrete capito! Intravedo opportunità straordinarie per porofessionisti ed utenti: avere a disposizione kit collaudati per eseguire test diagnostici a casa propria, monitorare i livelli ematici di farmaci con finestra terapeutica ristretta (come i digitalici) è qualcosa di più di una semplice comodità.

E' alleggerire le strutture sanitarie, lasciandole a disposizione di tutte le procedure che richiedono una supervisione diretta del personale ospedaliero. E' responsabilizzare i pazienti sul loro stato di salute. E' la possibilità di trovare la terapia corretta per ogni singolo paziente, senza che questi perda tempo prezioso in ricerche vane.

Molti imprenditori di successo credono nelle potenzialità di questo business, un mercato globale che, entro il 2018 è previsto raggiungere un valore pari a $10.2B. Ci sono buone premesse perchè questo continui ad essere un settore trainante, anche in Europa. 

Come vi schierate? Assecondate il cambiamento o siete frenati dalle perplessità?